sabato 31 ottobre 2009

Primizie di caldarroste palermitane


Caldarroste

Siamo quasi a Novembre e già le nostre strade iniziano ad esser gradevomente invase dal fumo e dal caratteristico odore delle caldarroste. E già, un bel pacchetto di castagne arrostite è proprio irresistibile!
Basta un braciere ben alimentato ed il rito della castagna arrostita si rinnova e si consuma (e, nelle regioni del Sud, la castagna arrostita è un vero rito).
Per molta gente che vive a Palermo non esiste autunno senza il familiare “fumo bianco” che avvolge l'intera strada. Molti scherzano quando dal braciere si diffonde il bianco prodotto di quella combustione “stuzzicapalato” ed i più spiritosi arrivano a dire simpatiche battute del titpo: “...mizzica, guarda quanto fumo bianco, e che hanno fatto il Papa...?”. Tutti gli amici scoppiano in una fragorosa risata e, con l'acquolina in bocca, si precipitano ad acquistare quella prelibatezza.

(VD) - Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere le deliziose caldarroste, sarebbe stata una visione più.......bella! Che schifo!!!!!

(MC) - Da questo calderone, verranno fuori sicuramente delle belle caldarroste "sopraffini"... Le voglio proprio gustare... Enzo, ci inviterai alla prossima infornata?


Caldarroste e coppino di carta
(foto di Maurizio Crispi)

lunedì 26 ottobre 2009

Panchina nostalgia


Panchina triste...
(foto di Valentina Dolcemascolo,
già comparsa in FB nel gruppo "QUELLI, KE LE PANCHINE")

(VC) -  Strano, molto strano. Questa panchina triste lascia muti, ad osservare senza parole. Forse ha la carattertistica di trasmettere uno stato di tristezza contagiosa. L'espressione “panchina triste” in questo caso non attiene ad uno stato d'animo evocato in noi da un contesto o da una rappresentazione, no, non credo che sia così. Questa panchina è triste perchè vivente esse stessa e perchè ha perso la speranza. Forse sperava di diventare una apprezzata panchina panoramica, del tipo di quelle che anche noi abbiamo più volte celebrato, oppure una “panchina rosa” per appanchinamenti romantici. Purtroppo ognuno ha il suo destino ed il destino non è stato generoso con questa panchina collocandola a ridosso di un muro invalicabile che delimita un passaggio cittadino, probabilmente orientata verso un secondo muro che controdelimita la stradina. La panchina è, infatti, collocata in una piazzuola che collega le due rampe di una scalinata abbastanza impegnativa e sembrerebbe piazzata lì soltanto per fornire un breve sollievo alla fatica della salita. E' infatti poco probabile che, nella foga della discesa, si decida di soffermarsi ed attergarsi su quei listelli consumati (tutti conosciamo il noto adagio che testualmente recita che “...a scendere tutti i santi aiutano...”). L'utenza della panchina quindi, se tale ipotesi fosse confermata, sarebbe limitata ad obesi anziani e cardiopatici che durante il percorso di risalita potrebbero soffermarsi attendendo l'attenuazione della tachicardia e di un'eventuale, minacciosa, extrasistolia. Tale doveva essere l'intuizione del governo cittadino quando, diversi anni or sono (la panchina è indubbiamente datata) ne decise la realizzazione. Ma, con la commercializzazione di moderni efficacissimi farmaci per lo scompenso cardiaco, anche il cardio-paziente ha acquisito maggiori capacità prestazional-performative e l'impiego della panchina risulta ormai pressocchè nullo.
Non un libro letto, non uno sbaciucchiamento in questa povera panchina consumata.
E, così, la nostra panchina giace solitaria, incurvandosi sotto il peso degli anni.
Gli anziani in risalita che prima la frequentavano, adesso, rivitalizzati dai moderni prodotti che le multinazionali del farmaco hanno messo in commercio con la complicità di medici compiacenti, sembrano dei giovanotti.
Ad invecchiare è rimasta soltanto lei.

(MC) - Posso soltanto dire che, di primo acchitto, ciò che mi ha colpito della "panchina triste" è quel leggero assetto curvilineo delle sue doghe, come se nel corso dei secoli (mi vien da dire così) fosse stata fedele ad intere generazioni di utilizzatori, salendo all'indietro di generazione in generazione. Ad accrescere quest'aspetto antico e di stanchezza, si aggiunge l'acciottolato di pietre di fiume e l'erbetta verde che cresce gentile tra i suoi interstizi ed anche quei gradini con l'alzata ripida d'una tipica via di paese.
Un percorso prima frequentato da muli ed asini di ritorno dalla campagna e dai loro conducenti, ed ora del tutto disertato in conseguenza della crescente ed ubiquitaria motorizzazione.
Forse, adesso la panchina è triste perchè, dopo secoli di buon servizio, nessuno ci si siede più.
I giovani graffitari pensano ad altro: disegnano sui muri, li "taggano" e poi si seggono sui sedili dei loro motorini a ciondolare.
Mai, anche se si spingono sin qui a disegnare i loro writing, i motorini - a causa dei gradini - non li possono portare sino alla panchina.
Quindi, dopo aver disegnato e consumato le loro vernici spray, se ne tornano alle loro cavalcature metallo-plastiche.
Quindi, anche da loro la vecchia panchina viene disertata e se ne rimane trascurata e negletta... a sognare di tempi migliori...
Oggi, nessun nonno dice al proprio nipotino: "Anche tu un giorno verrai qui a sederti su questa vecchia panchina assieme al tuo nipotino, proprio come stiamo facendo noi adesso...".
Chissà quante storie ha ascoltato questa panchina triste e quante ce ne potrebbe raccontare: forse, se ci fermassimo e glielo chiedessimo, non sarebbe più così triste e qualcuna di quelle storie la sussurebbe a noi riconoscente dell'attenzione.

domenica 25 ottobre 2009

"Buttare la carta nel.": sono aperte scatologiche interpretazioni...


Palermo, nel bagno di un ristorante (foto di Maurizio Crispi)

Si alluderà alla carta igienica o ad altro tipo di carta? Alla carta igienica ancora intonsa o alla carta usata? Di solito la carta igienica non dovrebbe causare problemi in un normale scarica di WC.
Forse, in passato qualcuno ha tentato di scaricarci un giornale intero...
O forse i gestori di questo locali hanno avuto a che fare con "utenti" consumatori d'un intero rotolo di carta igienica a singola prestazione.
E, poi, quale sarà il senso del punto subito dopo "nel"?
Insomma, il mistero rimane fitto...




(VC) - E' possibile che il punto dopo la parola “nel” fosse il primo di diversi puntini di sospensione che, con arguto artificio retorico, il titolare del locale aveva in animo di utilizzare al fine di ritardare quanto più possibile la parola “cestino”, creando quindi nel cliente la tensione della attesa e, con essa, uno stato di frustrazione verso la soluzione del quesito relativo a dove fosse opportuno buttare la carta. E' soltanto al termine di questa attesa indotta che sarebbe dovuta subentrare la parola “cestino” quale salvifica soluzione al quesito e sollievo allo stato d'ansia artificialmente creato dalla lucida mente del titolare, vero manipolatore delle coscienze e delle deiezioni dei propri clienti. L'effetto ultimo sarebbe stato quindi l'ottenimento di un rinforzo al comportamento del cliente defecante inducendolo, senza possibilità di errore, a gettare la carta nel cestino.
Il progetto sarebbe stato perfetto, se non fosse stato per la scelleratezza del grafico realizzatore del foglio il quale mal gestendo l'ampiezza dei caratteri (la prima parola “buttare” copre, da sola, quasi mezzo foglio) si è trovato nell'impossibilità di fare rientrare l'intera frase all'interno dello spazio a disposizione. Per fare ciò il troglodita, per nulla esperto nelle tecniche della comunicazione e trovatosi in difficoltà, non ha avuto niente di meglio da fare che eliminare la parte del testo da lui ritenuta superflua, ovvero i puntini di sospensione (“...ma si, tanto uno ci basta...”, avrà pensato), rendendo l'interessante iniziativa monca in quanto priva della parte qualificante.
La comunicazione poco chiara che ne è derivata ha creato certamente grave disagio nei clienti che, con le braghe ancora calate in fase di post-defecazione saranno rimasti, sovente, interdetti per parecchio tempo nell'angusto gabinettino del locale, non riuscendo a comprendere la giusta destinazione per la carta appena usata.
Qualora, per raggiunto limite di tempo, dovesse spegnersi anche il timer della luce del bagno, tarato su di un tempo di qualche decina di secondi per evitare un inutile spreco di luce, allora si sfiorerebbe la tragedia.

(AF) - Fino, naturalmente, all'arrivo di un cliente sufficientemente dissacratore e sicuro di sé da porre in atto l'azione finale: staccare il foglio di ammonimento dalla sua attuale ubicazione, utilizzarlo dalla parte bianca e gettarlo infine nel cestino, incurante dello sdegno causato al proprietario e fiero della propagazione nel tempo e nel (limitato) spazio dei tristi effluvi derivanti dalle sue pratiche scatologiche. Questa, forse, la punizione ultimativa per l'improvvido grafico.

(VC) - Apprezzo molto la tua vena sadica, ma al sadismo non c'è fine ed allora mi permetto di correggere la sequenza finale: è perfetta l'idea di staccare il foglio dalla sua attuale ubicazione; è perfetta l'idea di utilizzarlo dalla parte bianca, ma poi (e qui viene il bello) il foglio appallottolato dovrà essere stipato dentro la tazza del water, altro che cestino. Fatto ciò, l'utilizzatore uscirà dal bagno, si laverà le mani , si profumerà per bene ed uscirà dal locale con calma dando di sé l'immagine di una persona molto distinta. Poi, fuori dal locale, attenderà il boato che testimonierà che la vendetta è stata compiura, ma lui non batterà ciglio: solo un piccolo ghigno potrebbe tradirlo, ma nessuno penserà a lui. Infatti, tutti si affaccenderanno a fare spazio all'ambulanza del 118 intervenuta per soccorrere il titolare che avrà avuto una improvvisa crisi cardiaca.
 
(MC) - La giusta conclusione... quella che con toni vividi ci racconta Enzo... Per completare la documentazione fotografica, non ho mancato di immortalare il cestino collocato nei pressi del water. Un cestino di quelli con coperchio a pedale. Impossibile vederne il contenuto. Sta di fatto, però, che in bella mostra proprio accanto al cestino, c'era un malloppetto di carta igienica appallottolata...
Cartelli, così, in un modo o nell'altro invitano alla dissacrazione e alla trasgressione...

(VC) - Trovo tutto ciò veramente esilarante. Da lacrime agli occhi! Stento a riprendermi e forse, andando al lavoro, riderò da solo in macchina.

(MC) - Effetto "cestino"... con fenomeni di disposal scatologico creativo!

lunedì 19 ottobre 2009

Quello che succede su di una panchina ludica extra-large...


Fra una sagra e un festival,
gli amici fanno quattro chiacchere su una panchina extralarge
(Foto di Giuseppe Catalano, dal gruppo FB "QUELLI, KE LE PANCHINE")


(BB) - Come si suol dire....vicini vicini...

(VC) - Questi magnifici sette appanchinati in una mega-panchina da sagra di paese sono certamente un gruppo di amici molto affiatato. Ritrovatisi per l'occasione rievocano i bei momenti della loro ormai lontana gioventù, quando, come del resto avviene anche ora, le ragazze scarseggiavano e tutti insieme si recavano al cinematografo per godersi, non visti dal parroco, un bel film porno (si diceva allora che anche il parroco frequentasse, ben camuffato, quella sala cinematografica)
L'appanchinato paffutello sulla sinistra è certamente il goliarda del gruppo e, per fare divertire gli amici, ancora una volta emula con la mano sinistra il prodotto di quei giovanili pruriti che, come possiamo vedere, ha causato seri problemi di vista al secondo ed al settimo appanchinato.
Questi amiconi che hanno rischiato la cecità sono rimasti molto legati.
Forse alcuni si sentono in cuor loro come degli adolescenti pruriginosi ed andrebbero volentieri, ancor oggi, a vedere un bel pornazzo, ma di film porno, purtroppo, non ne proiettano più.
Ormai, la pornografia viaggia su internet e loro - fieramente demodé - non sanno usare il computer.
Questa foto, che sembrava trasmettere tanta allegria, adesso si ammanta d'un velo di tristezza

(GC) - Forse, la tua tristezza deriva dal fatto, che loro sono andati alla sagra della gnocca in brodo e tu non sei potuto andare? Non ti preoccupare, potrai andare al prossimo festival della patata bollita, lì ti potrai divertire.

(VC) - Chissà se la g...ca è come la gallina che quando è vecchia fa ...buon brodo!!! Misteri della gastronomia...

(MC) - La lunghezza della super-panca non favorisce la conversazione, a meno che i suoi occupanti (e a giudicare dalle loro facce direi proprio) non si accingano a fare il gioco di "fuori uno". Come è noto (ma ce ne sono numerose varianti) al comando prestabilito (il giudice di gara se ne sta fuori campo), c'è il rimescolio delle posizioni (al comando, tutti si alzano e cercano di prendere un nuovo posto) che si arresta al segnale convenuto. Uno - di solito - rimane fuori: è il perdente del turno.
Al prossimo giro di giostra, l'escluso cercherà di conquistare un posto a sedere con il suo sedere, con l'espulsione di uno dei vincenti del turno precedente. Mors tua, vita mea.
A volte però accade (anche per un tacito acordo tra tutte le parti) che il perdente sia sempre lo stesso: un caso di social labelling e di crudeltà di ruolo.


(VC) - La reiteratività della sequenza che vede un perdente ufficiale individuato dal gruppo, spesso, fa molto ridere i partecipanti gioco, compreso il perdente "designato" il quale, comunque, si sente integrato in una rudimentale struttura sociale che assegna dei ruoli chiari. Una specie di gioco sociale a carattere sado-maso in cui vi sono uno o più partecipanti che traggono divertimento dal procurare ad altri disagio ed esclusione ed un attore, ad esso speculare, che sembrerebbe trarre soddisfazione (mi permetto di inserire il condizionale) dall'interpretare il suo ruolo di vessato ed escluso. E poi tutti ridono insieme. Però, aggiungerei io, forse non tutti allo stesso modo. Anche questi amiconi se la ridono: sembra che, per il momento, per loro vada bene così.

sabato 17 ottobre 2009

Avvistato un autentico Jolly Roger a Palermo!


Un Jolly Roger a palermo (Foto di Maurizio Crispi)

(MC) - L'altro giorno, passeggiando nei pressi di casa, mi sono imbattuto in un inquietante Jolly Roger, proprio in via Lombardia, a due passi dal portone di casa.
Il mondo è pieno di sorprese: spesso, aguzzando lo sguardo, si fanno piccoli avvistamenti inquietanti che potrebbero contribuire alla costruzione di una visione della realtà minacciosa e terrificante, se soltanto si è predisposti in tal senso. Poco dopo la scoperta dei farmaci psichedelichi, un architetto (in qualche parte del mondo, non in Italia), incaricato di rendere più vivibili alcuni ambienti manicomiali, prima di passare alla progettazione, decise di assumere una dose di LSD per visitare sotto l'effetto della sostanza psicoattiva, una struttura di internamento per malati psichici. Vi erano lunghi corridoi, piastrellati a losanghe nere e bianche. L'architetto si accorse che, man mano che li percorreva ed intanto si approfondiva l'effetto della sostanza, aveva la sensazione che, in corrispondenza della commessura delle losanghe a colori alternati, si aprissero sotto i suoi piedi dei baratri e pericole voragini che, da un momento all'altro, potevano inghiottirlo. Rientrato dal singolare "viaggio", tradusse i suoi ricordi della singolare ricognizione in un progetto coerente, decidendo di escludere dalle pavimentazioni disegni geometrici troppo rigidi. A volte, peraltro, singoli ritrovamenti "bizzarri" - come il Jolly Roger che evoca immagini di morte - possono incrementare una semplice condizione di preesistente "umore" delirante ed essere il punto di partenza di fenomeni psicolpatologici più complessi. A volte, ciò che è apparentemente incomprensibile possiede con la realtà nessi casuali (e causali) di questo tipo che al clinico possono sfuggire.
Tornando al nostro Jolly Roger e considerando che, poco prima, si era abbattuto sulla città un nubifragio, sarebbe stata lecita un'alternativa "fantasy": avrebbe potuto essere l'unica traccia del naufragio di una nave di pirati giunta, attraverso una smagliatura nello spazio-tempo, sino in via Lombardia...
D'altra parte, siamo qui proprio per parlare di multiversi...

(VC) - Il ritrovamento di un Jolly Roger in Via Lombardia è un evento apparentemente inspiegabile. Potremmo, in prima istanza, ipotizzare che anche in Via Lombardia siano presenti affiliati alla pirateria sino ad ora tenutisi nascosti e ricomparsi quando, dopo le recenti alluvioni, si è parlato di studiare forme di navigazione cittadina. Voci non ufficiali, ma non per questo campate del tutto in aria, avrebbero riferito che questi banditi sarebbero stati pronti a mettere in atto tutta una serie di abbordaggi cittadini e non a danno di malcapitate turiste (che, tra l'altro, spesso mostrano di gradire l'interessamento) ma di battelli fluviali adattati alla navigazione nei nostri bei viali e nelle nostre belle piazze.
A quest'idea si potrebbe rispondere che la storia della pirateria è lontana da noi culturalmente e geograficamente, ma quest'obiezione non regge. Infatti, per analogia e “strictu sensu” che senso si potrebbe mai trovare nel chiamare Via Lombardia una Via di Palermo? Eppure, la Via Lombardia a Palermo esiste, pur essendo Palermo molto lontana dalla Lombardia senza che nessuno abbia mai osato metterla in discussione. Ergo, se a Palermo esiste la Via Lombardia è altrettanto possibile che a Palermo vi siano dei pirati. Punto.
Seconda ipotesi, anch'essa di tipo meteorologico.
Il Jolly Roger che vediamo sembra un vero Jolly Roger antico del XVIII secolo.
Com'è mai possibile trovarne uno in Via Lombardia?
Non mi ripeterò chiedendomi come sia possibile trovare a Palermo una Via Lombardia e cercherò di fornire un'ulteriore lettura.
Orbene, esaminando il tessuto leggero ed anche le dimensioni ridotte del Jolly Roger possiamo immaginare che lo stemmino si sia staccato da un vero vascello pirata del XVIII secolo a seguito di un devastante uragano abbattutosi sull'imbarcazione. Il vortice del tornado, distruggendo la nave, avrebbe risucchiato tutto quanto alla sua portata in un movimento ascendente sino a portare tutto il materiale sottratto al suolo ed al mare negli strati alti della atmosfera dove soffiano venti fortissimi e costanti. Si spiega quindi come un pezzo di stoffa leggera, quale il Jolly Roger di Via Lombardia, abbia potuto vagare per secoli da una parte all'altra del globo, sostenuto da venti di intensità a noi sconosciuta, per ricadere sulla Via Lombardia con il temporale a seguito di un momentaneo calo di intensità del vento.
I veri pirati sanno che non devono temere gli altri uomini ma che sono ben consapevoli che, come un piccolo Jolly Roger, sono in balia soltanto della forza del vento e del mare.



Ma vediamo cos'è un Jolly Roger: rinfreschiamoci la memoria!!!



La tipica bandiera pirata del XVIII secolo con sfondo nero, teschio e tibie incrociate è chiamata Jolly Roger. Prima di un abbordaggio veniva nascosta ed al suo posto issata una bandiera di identificazione diversa, sfruttando così l'effetto sorpresa.
Comunque, esistevano molte varianti e simboli addizionali sulle bandiere usate dai pirati. Calico Jack Rackham e Thomas Tew usavano una variante con due spade al posto delle ossa. Edward Teach (noto come "Barbanera") usava uno scheletro che reggeva una clessidra in una mano e una spada o una freccia nell'altra, posto a fianco di un cuore sanguinante. Bartholomew Roberts noto come Black Bart usava due varianti: un uomo e uno scheletro, che regge una spada o una freccia in una mano e una clessidra o una tazza nell'altra brindando alla morte, oppure un uomo armato in piedi su due teschi sopra le lettere ABH e AMH (un avviso per gli abitanti di Barbados e Martinica che la morte li attendeva). Scheletri danzanti simboleggiavano che i pirati davano poca importanza al loro destino.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla corrispondente voce di Wikipedia (clicca qui).

giovedì 15 ottobre 2009

Il tombino-vulcano erutta...


Mondello (Palermo), Via Marinai Alliata  (foto di Maurizio Crispi)

Questo cartello è stato "avvistato" nella parte terminale di via Marinai Alliata, proprio alle spalle di Valdesi, uno dei quartieri più residenziali di Mondello. Quando piove con una certa intensità, nella vicina Via Venere i liquami vengono rigurgitati dalle fognature e si forma una fiumana putrida che imbocca - soprattutto per un mero problema di pendenze - questo tratto Via Marinai Alliata che diventa, a tutti gli effetti, una fogna a cielo aperto.
Proprio qui c'è una scuola elementare e sono ubicate numerose villette residenziali. Il problema, più volte segnalato, non ha mai suscitato da parte degli organi competenti alcuna risposta incisiva e fattuale.
Il cartello, confezionato artigianalmente, presumibilmente da un residente, esprime con molta evidenza il disagio degli abitanti della zona...

(VC) - L'autore di questo cartello ottiene un effetto indubbiamente esilarante, forse oltre la sua stessa volontà. Infatti, leggendo il tono della simpatica comunicazione, mi sembra di intravedervi il senso di una profonda, panormita, rassegnazione che porta a vedere nelle cose il compiersi di un'ineluttabile decisione del destino o di una - altrettanto immodificabile - organizzazione sociale. Infatti l'espressione “tombino vulcano”, secondo me, non è soltanto efficace e colorita, ma esprime in senso letterale il vissuto di essere stati vittima delle forze della natura, di uno sconvolgimento tellurico, di un inevitabile ed imprevedibile cataclisma (la parola “clisma” - specifica del linguaggio medico -  crea una suggestiva evocazione per la natura del materiale fecale che ha iniziato a scorrere per le bella strada residenziale).
Ed ancora la succesiva espressione “...benvenuti al fiume Oreto 2 ...”  lascia intendere che la formulazione “Fiume Oreto 1” suoni come sinonimo di cloaca. Non ci s'indigna, come sarebbe normale fare, per l'esistenza della cloaca "fiume Oreto 1", perchè così è sempre stato, così è e così sempre sarà e quindi il dato risulta ormai stabilmente acquisito nella coscienza sociale tanto da non essere più sottoposto a verifica, ma si vuole evitare quanto meno che un Rio Gemello possa incanalarsi nella residenzialissima Via Marinai Alliata turbandone l'identità.
Se non fosse possibile evitare la stabilizzazione del diarroico stravaso, ovvero se si passasse dal regime torrentizio (Torrente Alliata) al regime fluviale (Fiume Alliata), sono certo che in breve anche questa modifica all'orografia della rete fognaria palermitana risulterebbe definitivamente acquisita all'immaginario collettivo ed anche l'originale cartello perderebbe la sua attuale efficacia. In caso di un'eventuale, ulteriore, eruttazione vulcanica in altra zona della città potrà fare sorridere un nuovo cartello che potrebbe essere così articolato: “Il tombino vulcano erutta, cammina, cammina scende in Via Così e Cosà arriva la merda, benvenuti al Fiume Oreto 3, oppure al Fiume Alliata 2”.
E potrebbe anche non finire qui !!!

(MC) - Enzo, non ho parole! Ti sei esibito in uno splendido commento!!!

(VC) - Maurizio, troppo buono! Potremmo definire questa sequenza a più voci come "poli-caco-fonica" e candidarla anche ad altro contesto....

Tarzan innamorato (in via Giusti)...


Palermo, Via Giusti (Foto di Maurizio Crispi)

Un Tarzan innamorato nella giungla d'asfalto che pensa all'amore perduto, un romantico amore uomo scimmia. Nella giungla si vivono altre forme d'amore.
Interessante la "A" a triangolo isoscele.
Ricorda vagamente l'occhio di Dio.
Forse Tarzan starà facendo scuola guida.
Forse rimpiange la piena libertà di cui godeva nella vera giungla.
E' per questo che, nostalgico, ha urinato per terra.
Addio, liane!
Presto, Tarzan farà l'esame di guida e poi si comprerà un bel SUV con il quale potrà anche fare del fuoristrada e potrà tornare a vedere la giungla.
Allora, saprà che "scimmia" si scrive con due emme, ma di scimmie non ne vedrà neanche l'ombra, perchè le scimmie non si faranno vedere da lui.
Le scimmie decidono loro quando farsi vedere...
Questa storia è molto triste.

lunedì 12 ottobre 2009

Faccina a doppio legame


 Faccina gotica (foto di Maurizio Crispi)

(VC) - Lacrimucce scendono sulle gote di una faccina gotica.
Il pianto di un graffito è sempre molto coinvolgente ed anche raro. 

Siamo infatti abituati ad osservare con maggiore frequenza faccine sorridenti e beffarde, che ostentano sicurezza e non lasciano trasparire la natura dei loro veri sentimenti. 
Un graffitino semplice, come questo, con il suo tratto infantile, quasi fanciullesco, ancora acerbo ed incapace a dissimulare, stimola il nostro senso materno/paterno, fa quasi tenerezza. 
Per questo il pianto stilizzato di un faccino murale ci turba un pochino.


(MC) - Se ci si fa caso, tuttavia, la faccina è perturbante perchè si appare con una dissociazione mimica tra la metà superiore del volto in cui campeggiano gli occhi da cui scaturiscono le grosse lacrimone nere (che con facilità possono rimandare alla lacrima di un Pierrot triste) e la metà inferiore dominata da una bocca disegnata con un tratto crudele e che s'indovina affollata di temibili denti da squalo. Ciò farebbe pensare ad una sorta di trabocchetto crudele: il passante si sofferma empatico a contemplare le lacrime che lo portano a sperimentare empaticamente tenerezza per tanta tristezza, ignorando invece la bocca da squalo, coperta in parte dall'effluvio di lacrime. E tutt'a un tratto mentre se ne sta inerte e con le saracinesce del cuore del tutto abbassate (e quindi profondamente vulnerabile) la faccina si leva in un colpo solo lo sguardo del Pierrot triste e lo azzanna alla gola con quei denti aguzzi da squalo.
Ancora una volta, il rimando potrebbe essere a It di Stephen King...

sabato 10 ottobre 2009

Faccine: in compagnia è più divertente e si può giocare con l'idrante...


Palermo - Faccine... in compagnia, è più bello... (foto di Maurizio Crispi)

 (VC) - Non capisco se il tubo tra le simpatiche faccine sia li per caso o faccia parte della storia. Viste così le faccine sembrerebbero rappresentare due giovani scemotti ed il tubo potrebbe essere un idrante brandito dalla faccina cappelluta contro l'altra. “...non mi prendi ah! ah! ah!...”, sembra dire la faccina a distanza di sicurezza.
Spruzzare qualcuno con il tubo è una trovata da scemotto, ma sempre divertente forse per la valenza fallica ed oscena che porta con se. Tutti noi, che siamo molto colti ed intelligenti, ridiamo della ostentazione grottesca e dissacrante della nostra genitalità.
C'è chi giura di avere visto un importante astrofisico inseguire con un tubo in mano un suo amico cardinale. “...Ti prendo, ti prendo, ah! ah! ah! …” diceva l'astrofisico divertitissimo, “...se mi colpisci con lo spruzzo hai vinto e poi ti spruzzo io...”, rispondeva il cardinale.
C'è chi giura di averli visti entrambi soddisfatti e spruzzati dalla testa ai piedi alla fine del divertentissimo giochino.
C'è chi dice che questo gioco sia stupidissimo e volgare, ma poi ci gioca di nascosto …!!!



(MC) - In verità, è una delle cose più divertenti spruzzarsi con l'idrante, oppure con la variante edulcolata - da spiaggia e plasticheggiante - della pistola spaziale o del mitragliatore laser ad acqua (che spruzzano non come la pistoletta ad acqua di un tempo, dotata d'un modestissimo grilletto, ma con l'ausilio di un potente stantuffo che fornisce un raggio d'acqua laser a pressione). Sono ottimi strumenti per sadici e sapidi scherzetti "da spiaggia", bagnati, appunto... E chi viene beccato, poi dice tra sé e sé: "Vendetta, tremenda vendetta! Appena ti bekko, ti faccio vedere io!!!".

L'altro giorno ho documentato fotograficamente uno scherzo goliardico di questo tipo. 
Location: una villa al mare.

Un amico intento a riposare su di un'amaca doppia con la sua compagna.

Altri arrivano di soppiatto con l'idrante. Tanto di appostamento e... Boom! Lo bekkano con un micidiale spruzzo nel bel mezzo del sonno ristoratore.

Ho fotografato la sequenza: compreso il recupero della vittima di turno da un'espressione di stizza ad un sorriso degno del più inglese e compassato fair play.
Peccato che non si possa divulgare la foto per motivi di tutela della privacy...

giovedì 8 ottobre 2009

Una panchina perturbante


"Per rimanere sempre bambini..."

(foto di Giuseppe Catalano, dal gruppo FB "QUELLI, KE LE PANCHINE"

(VC) - Non avrei mai il coraggio di sedermi su una panchina come questa. 
Mi immagino reduce da una lunga camminata, sudaticcio e con i jeans dall'igiene discutibile... No, non potrei mai profanare la favola con le mie terga da escursionista dalla sudorazione abbondante. Meglio un appanchinamento a misura di viandante. 
Apprezzo questa pedo-panchina e mi vado ad accomodare nella panchina bianca più dietro.


(MC) - Poi, quel cielo blu con le nuvolette vaganti sembra essere il posto meno adatto per appoggiarvi le terga! Sono certo che mi indurrebbe un  forte senso di vertigine, come star seduto sul vuoto... Avrei l'impressione di poggiarmi su un cuscino fatto d'aria trasparente ed impalpabile.  E se quei rami si tramutassero in viticci, liane, tentacoli dotati di vita e propria e catturassero l'ignaro viandante? Una panchina carnivora!!! Terrore allo stato puro!!!
E se fosse una porta tra universi paralleli (multiversi)? E se l'incauto viandante che decidesse di trovare un po' di riposo su questa panchina fintamente gioconda (ma, in realtà, alquanto perturbante) fosse immantinente catturato e risucchiato in un'altra dimensione, abitata da esseri inconcepibili per la nostra limitata mente di Umani?
Un romanzo del Re dell'Horror (Stephen King) sviluppa proprio questo tema a proposito di un'inquietante Buick 8 che si rivela essere una porta tra due mondi diversi. 


Buick 8. Fa la sua comparsa nel lontano 1979 e continua la sua presenza sorniona in un capannone dietro la stazione di polizia della squadra D. E' una macchina, una Buick blu notte, dentro sembra un giocattolo, ma un fatto è certo: dai copertoni sui quali non si posa mai un grammo di polvere, alla carrozzeria che si guarisce da sola, è viva come un animale... uno strano essere animato che a lunghi periodi di letargo alterna brevi, violenti attimi di attività. 

Da leggere.


Come tante cose che riguardano l'infanzia l'aspetto sereno e giocondo nasconde nelle sue pieghe aspetti inquietanti (e perturbanti). Come, ad esempio, il volto dipinto del clown in un'altro celebre romanzo di Stephen King (It).


Ci voleva Stephen King , maestro dell'horror e paladino dell'infanzia (solo i bambini, nelle sue storie, vedono e scomfiggono il Male), per invertire la tendenza e raccontare, nel suo celebre It, un demone assassino e seduttoredall'aspetto di clown, che adesca i bambini offrendo loro i palloncini: Perfetto esempio di "perturbante" (Unheimlich): cosa c'é di pi§ innocente e fragile di un palloncino? Eppure una dele scene più inquietanti del romanzo [e del film che ne è stato tratto: scarso per la verità]  è il volo dei palloncini controvento... (Beppe Sebaste, Oggetti smarriti e altre apparizioni, Edizioni Laterza, p. 84)

martedì 6 ottobre 2009

La storia della Barbie perduta e di un sax di plastica verde


Mondello (Palermo), Viale Venere - Barbie perduta on the road con sax in plastica verde.

(VC) - Uno strumento a fiato abbandonato per terra in un viale solitario esprime sensazioni agghiaccianti. Questo sembra totalmente devitalizzato. Non c'è più il fiato, l'alito, l'anemos, a soffiaci dentro la vita.
Una chitarra abbandonata è meno triste di un sax per terra ed inanimato. 

Una corda potrebbe risuonare anche per caso urtando contro qualcosa, il sax no: presuppone la vita che vi s'incanala e risuona con calore. Presuppone uno sforzo attivo di compressione, la ferma volontà di dare suono al proprio respiro, rinunciandovi per un attimo per forzarlo nel sinuoso strumento.
Il sax che non risuona è freddo e metallico.
La Barbie perduta guarda il sax e pensa al fiato d'un amore perduto.
La parola sax ricorda la parola sex.
Anche per la Barbie la parola sax ricorda la parola sex.
La Barbie ricorda l'amore e l'abbandono e ripensa quando la plastica del suo corpo vibrava e risuonava.
Il suono è una chimera.
Inseguendo una chimera tutto il fiato è passato attraverso il sax e adesso il fiato s'è esaurito.
La Barbie forse sapeva che il fiato che si fa suono finisce con l'esaurirsi e avrebbe voluto fermarlo. Ma lui voleva un respiro sonoro.
Lui pensava che la parola sex ricordi la parola sax.
Lei lo cercava attraverso il suono
Lui cercava il suono attraverso di lei



(MC) - E' una triste storia... Questo commento potrebbe diventare un post per il nostro blog in cantiere ("multiversi")...


E così è stato...


lunedì 5 ottobre 2009

Anche le Barbie si smarriscono...


Mondello (Palermo), Viale Venere - Anche le Barbie si smarriscono e, quando cadono, se ne stanno lì a fissarti con quegli occhioni da gazzella spalancati sul mondo...

(VC) - Diversi anni fa Gino Paoli tradusse e cantò la canzone di Manuel Serrat “Il manichino” che parla di un uomo che s'innamora di una manichinessa e fugge con lei dopo averla rubata (rapita).
Ah! come lo capisco!
“Ehi Barbie, bambolina mia! è Ken che ti parla, resisti, rialzati, non buttarti via, togliti dalla strada, sto arrivando! Ho visto il film Pinocchio ed ho capito che forse c'è una speranza anche per noi. La vita è veramente balorda!  Pensa un po': tu sei di plastica e vorresti diventare di carne, molte donne che sono di carne fanno di tutto per diventare di plastica”.
Aggiungerei che, avendo il PVC una vita di circa 400 anni, dire ad una donna in PVC  “Ti amerò per tutta la vita” è veramente molto impegnativo. Se proprio ci piace questa frase ma non ce la sentiamo di impegnarci così a lungo allora dovremmo cercarci una fidanzata di carne e novantottenne

(MC) - Mi è capitato tanti anni fa di passare da un piccola botteguccia antica dalle parti di Piazza del Popolo, a Roma. La vetrina, piccola e polverosissima, era affollata di teste di bambola, braccia e gambe di plastica di tutte le dimensioni. Era un po' inquietante essere fissati da tutti quegli occhioni spalancati, attaverso il vetro sporco... In occasione di un mio successivo viaggio ci tornai per scattare delle foto e capii che si trattava di un ospedale di bambole. Dentro, c'era uno - un personaggio antico - che, con infinita pazienza, rabberciava le bambole, tagliava, cuciva, incollava... Guarda un po' cosa ho trovato spulciando nel web: un vero e proprio ospedale per le Barbie rotte! (clicca qui).
Ora che stiamo parlando di questi aspetti "riparatori", caro Enzo, mi sono venuti dei forti sensi di colpa, per non aver raccolto la povera Barbie. Mi sa tanto che andrò a cercarla di nuovo, nel luogo dell'avvistamento, la Barbie perduta senza collare che se ne sta lì, per terra sull'asfalto, come un angelo (de)caduto...
Mi chiedo se sia ancora lì? Se la trovo, eventualmente potremmo affidarla alle provvide mani della creatrice/creatore del blog di cui sopra...
Per quanto riguardala tua ultima notazione, mi pare interessante soprattutto la clausola "novantottenne"!!! Ma non sarebbe stato meglio aggiungerci il prefisso "ultra-"? Giusto per essere più sicuri...

(VC) -  Straordinario, irripetibile. L'unica, vera, chirurgia plastica, quella che più plastica non si può.
Alba Parietti, non sei nessuno, non hai nemmeno un braccio di DAS! Maurizio, conserva l'indirizzo della dottoressa, non si sa mai! Sai se operano anche altri pazienti? Avrei un UFO Robot ed un Big Jim moribondi. La dottoressa potrebbe comunque inviarmi da un qualche suo collega altrettanto referenziato.
La clinica è convenzionata con la Regione Sicilia, come il San Raffaele ed altri centri di eccellenza?
Per accedere alla prestazione sanitaria è necessaria la tessera sanitaria o basta lo scontrino fiscale del centro commerciale? Altro problema: i miei amici sono extracomunitari. Infatti sono nati a Plastic City, anche se vivono qui da molti anni (la parola "vivono", come per altri extracomunitari, è una parola grossa e non mi riferisco solotanto al fatto che siano di plastica) e temono di essere denunciati dal medico, per questo non sono mai voluti andare al centro assistenza della Mattel.
Che disperazione!