domenica 22 novembre 2009

Calendari simbionti: l'amore sacro e l'amor profano


Sacro e... profano
(foto di Michelangelo Neglia)


(VC) - Complimenti Michelangelo, ci hai dato uno spaccato dell'editoria clandestina, quella per intenderci che prevede l'esposizione defilata delle pubblicazioni "hard"! Tu sicuramente sarai un lettore un pò morbosetto. Caro Michelangelo morbosetto, volevo chiederti se ti eri introdotto con apparente noncuranza nel retrobottega dell'edicola per sbirciare, non visto, il calendario o la foto di Padre Pio. Mi congratulo comunque per il tuo avvistamento e, detto tra noi, devo confessarti che anch'io sono un appassionato sostenitore dell'editoria clandestina ed amo frequentare i retrobottega delle edicole. Del resto è anche giusto non esibire apertamente certo materiale. Pensiamo ai minori che vanno comunque tutelati. Le loro ancor fragili personalità potrebbero risultare scosse da inopportune ostentazioni a carattere apertamente sessuale o religioso.  

(SM) - Ciao Mimmo! Innanzi tutto ti devo fare i miei complimenti per la tua visione grandangolare delle cose, e poi ti devo ringraziare poiché mi hai dato la possibilità di notare la parte sacra della tua splendida foto, cosa che sicuramente non avrei fatto se fossi entrato da solo in quel retrobottega o se non avessi letto la tua didascalia. Dopo questo piccolo commento avrai sicuramente capito che io sono per il ...profano! E ti invito a ritornare nel retrobottega di quest'edicola, per fare un servizio completo da gennaio a dicembre, lasciando da parte il grandangolo, sostituendolo magari con uno zoom 70/210. In attesa del tuo nuovo servizio fotografico (con la speranza che il calendario non vada a ruba) ti invio cordiali saluti.

(MN) - Mi scuso con tutti per la scarsa qualità della foto, che è stata scattata con un semplice telefonino. Comunque,prometto che ritornerò in quel retrobottega ogni inizio del mese, per vedere quali nuovi... santi verranno aggiunti. Un abbraccio a tutti gli amici!

(MC) - Mi sembra un'ottima cosa mettere accanto il sacro e il profano: in un certo senso una mano, in questo modo, lava l'altra. Mi viene da pensare alla strofa finale dell'indimenticabile "Boccadirosa" di De Andrè:


Persino il parroco che non disprezza
fra un miserere e un'estrema unzione
il bene effimero della bellezza
la vuole accanto in processione.
E con la Vergine in prima fila
e bocca di rosa poco lontano
si porta a spasso per il paese
l'amore sacro e l'amor profano.
(Boccadirosa, Fabrizio De André)


Magari l'edicolante che ha messo in mostra questi assortiti beni è strettamente imparentato con quel parroco... Complimenti per la foto che ha colto un profondo dinanismo che muove il mondo...

(MN) - A me, invece, viene in mente il finale di una barzelletta che si conclude con un "Chistu di ccà, passa ddà e piccatu un cci nni fui!"

(VC) - Esiste chi compra un calendario 12 santi per mascherare una bel calendario 12 posizioni come, a rigor di logica, dovrebbe esistere chi compra un calendario 12 mesi di erotismo per celare, gelosamente serrato tra Giugno e Luglio, il calendario “Santo del mese”. Se esiste chi, esprimendo una morbosa repressione, ostenta forme di esibita religiosità intrinsecamente censurante ogni espressione di libera istintualità, allo stesso modo potrà esservi chi, in un contesto magari goliardicamente orientato all'opposta ostentazione di propria irriducibile capacità trasgressiva a franca estrinsecazione sessuale, trovi difficile ammettere, dinanzi agli altri il prevalere di un'intima, diversa e più idealizzata natura.
Si mettono così a confronto due ostentazioni contrapposte.
In un caso, si esibirebbe la negazione di quella che è socialmente ritenuta la parte peggiore di sé, quella animale e diabolica.
Nell'altro caso, in un diverso contesto sociale, sarebbe conveniente affermare di se la presenza di una ipertrofica componente animale e diabolica.
In un contesto di comunità ecclesiale ci si confronta in merito alla comune capacità di resistere ad ogni tentazione laddove, in un differente ambito sociale tale atteggiamento determinerebbe esclusione e la “non attitudine” alla trasgressione (specie a valenza sessuale, chissà perché) costituirebbe una sorta di penalizzante “minus”.
Definite quindi queste due tipologie di lettori-frequentatori del retrobottega, quella che nasconde il santo e quella che nasconde Lory del Santo, credo che l'accostamento non sia del tutto casuale, anzi sia stato operato dall'edicolante il quale ben conosce che sovente ciò che si sceglie su un piano formale serve soltanto a mascherare ciò che, riposto, costituisce il vero, inespresso oggetto della nostra umana passione.
Questa ambivalenza non fa che arricchire gli edicolanti che, così accostati, vendono insieme i due simbiotici calendari.

(SM) - Enzo, la virgola no! E' casuale! Anzi, torno indietro e metto punto e virgola! Non vorrei che tu leggendo velocemente mi possa fraintendere: col tuo nuovo commento mi hai fatto bruciare nuovamente la guarnizione della testata che avevo appena sostituito tre giorni fa e non aggiungo altro.

(MC) - I calendari "simbionti" che, con tanta acutezza, analizza Enzo mi fanno pensare alle piccole trasgressioni nel porno cartaceo d'un tempo quando, all'interno di un'insospettabile rivista patinata tipo "Epoca" (tanto per citare una testata assolutamente perbenista), il lettore deisderoso di trasgressione, collocava strategicamente il giornalino di turno con le donnine nude oppure - siamo negli anni Sessanta - il nuovo numero - ancora fresco di stampa - del fotoromanzo porno che allora andava per la maggiore. Vorrei ricordare qui - perchè ha incuriosito ed accompagnato gli inquieti sogni adolescenziali di molti - la mitica serie francese "Supersex", il cui interprete principale fu Gabriel Pontello, peraltro idolo ed ispiratore (e poi, a quanto sembra, anche mentore) del nostrano Rocco Tano, meglio noto come "Siffredi"... 
La tecnica lettoria "sandwich", peraltro era anche uno stratagemma da caserma, molto praticato per allietare lunghe ore di ozio...
Rimando per un approfondimento su "Supersex", visto che lo cito,  alla voce di Wikipedia, peraltro molto esaustiva...

sabato 21 novembre 2009

Per soli (P)residenti...


Per soli (p)residenti - Palermo
(Foto di Maurizio Crispi)

Mamma mia! Quello custodito da un simile cartello dev'essere di certo un posto per soli VIP di altissimo livello... Un luogo dove solo i Grandi della Terra possono entrare... Caspita! Un Club davvero esclusivo...Ma chi sarà stato il mattacchione che ha aggiunto quell'esile "P"?

(VC) - Credo che, ipotizzando dietro il cancello un luogo assolutamente esclusivo, il testo nel cartello fosse formulato in maniera da consentire l'accesso ai soli Presidenti.
Tale doveva essere l'originaria intenzione del vippissimo capo condominio.
Il buontempone di cui parli sembra si sia limitato a cancellare, anche se parzialmente, la lettera "P", estendendo, di fatto, il diritto all'accesso anche ai volgarissimi residenti.
La condizione di base era, quindi, che i residenti del condominio (o residence che fosse) non potessero avervi accesso: i residenti avevano acquistato un appartamento al quale però non era consentito accedere.
I residenti, allora, avendo investito considerevoli somme di denaro per acquistare un appartamento nell'esclusivissimo quartiere, ma non potendovi - di fatto - accedere, erano costretti a limitare i danni al loro conto in banca affittando gli appartamenti a chi avesse i titoli di "Presidente".
Si dice che Antonio Segni, Giovanni Leone e Giuseppe Saragat abbiano avuto in affitto un appartamento in questo esclusivissimo residence.

giovedì 19 novembre 2009

Canibardu in cima al monte ovvero la vera storia del cremonese Gary Baldo


Cremona
(foto di Marilena Duca)

"Nino, domani a Palermo!", disse Canibardu al suo fidato luogotenente Bixio, indicandogli la città che si stendeva nella pianura sottostante.
E' enorme il contrasto tra la spoglia, funzionale, sobrietà di queste panchine - forse persino eccessiva - e il bianco ridondante della pietra. E' vivo il contrasto tra la semplicità propria di un funzionale cucina-tinello svedese anni '50 , ben evidente in queste panchine, e la retorica della celebrazione del Risorgimento, anche se possiamo concedere a Garibaldi, l'eroe dei due mondi, la virtù di essere tuttora un vero ed inossidabile eroe popolare e trasversale, in quanto veicolo del mito dell'avventura, nonchè simbolo incarnato dell'idealismo (a suo modo una specie di antesignano del Che).
Forse, oggi, Garibaldi non si sarebbe disdegnato di scendere da quel pulpito di rocce, gravide di retorica umbertina, per sedersi su una delle panchine che gli sono state messe accanto in buona vista e, una volta accomodato, si sarebbe levato quegli stivali che gli fanno tanto male ai piedi, dopo aver vagabondato senza requie nei due mondi, in giù e in su, in lungo e in largo, dimostrando così di essere proprio uno come noi...

(VC) - Marilena riconosce la città di Cremona. Io non conosco Cremona (a pensarci bene non conosco nemmeno Marilena) ma la immagino come una cittadina tranquilla dove c'è molta cura del verde e della qualità della vita dei propri cittadini.
Cremona si trova al centro della pianura padana.
Abitare in una città di pianura ha molti vantaggi, si può girare in bicicletta con il minimo sforzo senza avere i polpacci di Fausto Coppi e si può andare sui pattini anche se non si è bravi a frenare e si teme la discesa.
In una città di pianura i cittadini sono molto contenti e soddisfatti della loro condizione tranne alcuni di loro che appartengono ad una specifica categoria: gli aspiranti rocciatori free-climber.
Gerardo Baldo è un giovanottone cremonese che coltiva dentro di sé il sogno di salire verso il cielo arrampicandosi con la sola forza delle proprie mani, ma ahimè!, tutt'intorno a casa sua di pareti da scalare non ve n'è neanche l'ombra.
Lui, parlando con gli amici è solito dire che anche se non ha mai scalato nulla scalatori si nasce, che scalare è un fatto di cuore, di coraggio, di passione. E' per questo che tra gli amici è chiamato anche il “Baldo Gary" ed anche "Gary Baldo”.
E così Gary Baldo di qua e Gary Baldo di là il soprannome ha finito per prendere il sopravvento sulla sua vera, inespressa identità e Gary Baldo ha cominciato veramente a pensare d'essere un novello principe della montagna, nonché eroe dei due mondi.
Per qualche giorno Gary Baldo era stato visto armeggiare con dei grossi blocchi di polistirolo, ma nessun aveva intuito cosa il nostro avesse in animo di combinare. E così, un bel mattino, i Cremonesi poterono rimanere a bocca aperta quando, al centro di una della loro belle piazze videro una neonata montagna candida, domata da un candido fiero eroe delle vette con atteggiamento che esprimeva tutto il suo disprezzo per la piatta monotonia di una vita di pianura che non osa alzare lo sguardo verso altre (ed alte) cime.

Palermo - Villa Garibaldi
(foto di Maurizio Crispi)

domenica 15 novembre 2009

Indottrinamento da spiaggia. Ipotesi e congetture


Senza titolo
(foto di Maurizio Crispi)

Chissà quale sarà l'argomento di questo indottrinamento da spiaggia! A prima vista il contesto balneare, la fila dei ragazzini costumati in ascolto e l'atteggiamento catechizzante dei due “docenti” potrebbero indurre a pensare ad una situazione estiva e marina: ad esempio, un gruppo di giovani praticanti la disciplina del nuoto. Ma qualcosa, in questa foto mi lascia perplesso, inducendomi al sospetto.
Innanzitutto, siamo certi che quelli che i ragazzini indossano siano veramente dei costumi? A me ricordano piuttosto le mutande rigorosamente bianche di parecchi anni fa quando ancora non era stato creato il concetto di “intimo uomo” e sederini e sederoni erano accomunati dall'essere abbigliati con simili e grossolane divise (se esistesse vorrei citare una ipotetica pubblicazione che potrebbe chiamarsi “La mutanda nel dopoguerra italiano, come si proteggevano le terga i nostri padri”).
Anzi, per me quelle son mutande stampigliate ad arte con fregi di tipo simil-sportivo per dare un illusorio effetto tipo “gruppo di natatori”.
Come mai?
Sappiamo che le moderne tecniche di foto-ritocco fanno miracoli e credo che ormai l'inganno possa dirsi smascherato. Quella che vediamo è una foto anni cinquanta di una spiaggia del centro Italia, fore adriatica, una di quelle spiagge dove iniziava il turismo balneare e cominciava ad organizzarsi tutta una popolazione di personaggi che potremmo definire “para-balneari”.
Tra questi inserirei il marmocchio borseggiatore da spiaggia con relativo adulto con funzione di coordinatore.
E adesso torniamo alla nostra foto!
L'occhio del fotografo, forse un paparazzo che frequentava la riviera in cerca di attricette disposte a tutto pur di farsi notare dall'emergente cinema italiano, ha colto un gruppo di giovani teppistelli con improbabile camuffamento da Rari Nantes (la mutanda costumata costituisce un tentativo di mimetismo truffaldino che, nella sua semplicità ed approssimazione, fa quasi tenerezza).
Davanti a loro ecco “le menti” della banda che ci si presentano secondo il noto cliché fisiognomico e scenico del magro e del grassone.
Qui li vediamo intenti a fingersi istruttori di nuoto, ma il loro aspetto tradisce la loro vera identità. Infatti, il magro non può essere un vero istruttore di nuoto a causa della propria struttura priva di grassi e, quindi, in ragione del suo bassissimo coefficiente di galleggiabilità, forse non sa addirittura nuotare.
Ed il grassone, beh!, sfido chiunque, nel vederlo, a considerarlo una figura atletica come si addirrebbe ad un vero istruttore di nuoto.
I due sembrano piuttosto una variante del gatto e della volpe.
Ed infatti la conversazione è volta a fornire ai futuri rapinatori di banche le tecniche-base del borseggio alle turiste del nord che, in quel periodo, cominciavano a popolare le spiagge italiane.
Già me li vedo all'opera in squadriglia.
Tra loro una coordinata divisione dei compiti volta a creare le condizioni per l'azione delittuosa.
Un gruppo distrae le ignare turiste con giochi d'acqua, capriole, volteggi, tuffi ed evoluzioni varie di tipo folcloristico-etnico, dando alle malcapitate l'impressione di trovarsi tra giovani indigeni nati tra le onde e tra le rocce mentre un secondo gruppo si occupa di sottrarre le borsette alle stesse teutoniche scioccone, arrostite al nuovo sole di un nuovo inizio.
 
MC - Posso però dire questo: a volte, una foto non titolata e priva dei suoi naturali riferimenti spazio-temporali può avere in potere evocativo e di stimolo al gioco dell'elaborazione associativa ben maggiore...
 
GM - Francamente, a me sembra un contesto autunnale, mi piace l'estate ma soffro il caldo e l'umidità estremi, tutte le scuse sono buone per intravvedere l'autunno. Io vedrei una squadra di calcio in un ritiro prima dell'inizio del campionato. Indubbiamente "costumini" d'altri tempi.
 
MC - Mi pare interessante e gustosa l'ipotesi che la scena raffigurata nella foto possa essere una "scuola di ladri" balneari anni Cinquanta. Leggendo alcune delle considerazioni di Enzo che alzano il sipario su questo singolare scenario, non posso fare a meno di citare la famosa sequenza da "I soliti ignoti" in cui Totò fa lezione sui metodi da seguire per scassinare una casssaforte (clicca qui).
Detto questo, la foto è stata scattata in una giornata di fine agosto, piuttosto tempestosa ed instabile, tanto da sembrare quasi un giorno di autunno avanzata e nel contesto del Circolo nautico Telimar, dove era in corso tra squadre di Pallanuoto giovanili.

giovedì 12 novembre 2009

Panchina pedonabile: nasce prima la striscia o la panchina?


Palermo, Piazza Unità d'Italia - Panchina "pedonale"
(o si dovrebbe dire "pedonabile"?)
Foto di Maurizio Crispi

Si direbbe che la panchina in questione sia stata piazzata qui per consentire ai pedoni che tentano di attraversare di sedersi a riposare dalle lunghe attese cui sono costrette, visto che gli automibilisti che danno loro la precedenza sulle striscie zebrate sono frequenti come le mosche bianche... Circa l'uso dell'aggetivazione più corretta, mi affido all'acclarata arguzia del mio amico Enzo...

(VC) - Maurizio, devo dirti che credo proprio che tu ti stia sbagliando nel fornire un'immagine così poco lusinghiera degli automobilisti in transito da Piazza Unità d'Italia per il fatto che quelle striscie pedonali semplicemente "non esistono". Se tu infatti osservi attentamente la panchina puoi ben accorgerti che è il perfetto prolungamento delle striscie, anzi le striscie emanano proprio dalla panchina. Non ti stupire, non vi è niente di misterioso, è soltanto un volgare trucco. Infatti, un potente raggio di luce bianca passa attraverso i listelli che compongono la spalliera della panchina ingannatrice e, proiettandone l'ombra sull'asfalto lucido, crea l'illusione delle striscie. Ecco perchè molti, soprattutto appartenenti alla categoria dei sognatori e, pertanto, costituzionalmente portati a credere all'illusione, sono stati arrotati proprio in questo punto.
I fasci di luce, sovente, si rivelano ingannatori.

(GI) - Ma allora, in questo caso, ...nasce prima la striscia o la ...panchina?

(MC) - Questa è davvero una bella domanda!!! Secondo me, Enzo, in un futuro più o meno prossimo, sarà capace di trovarci una bella risposta metafisica...

(VD) - LE STELLE SONO BUCHI DA CUI FILTRA LA LUCE DELL'INFINITO (Confucio).

(VC) - Molto interessante questa rilettura del sistema delle galassie. Le stelle non esisterebbero come ci hanno sempre fatto credere, ma sarebbero soltanto il prodotto di un fascio di luce che provenendo da dietro filtra attraverso un pannello nero bucherellato. Dio sarebbe solo un megaproiettore di miliardi di triliardii di watt che posizionato dietro lo schermo luinoso ci dà l'impressione dell'Universo Infinito. Incredibile scoperta, il Creatore sarebbe soltanto il "Sommo Tecnico Delle Luci". Fino a qua tutto bene, il problema nasce quando il "Proiettore Supremo" ci invia da pagare la bolletta della luce. Un argomento simile era già stato affrontato, seppure in piccolo, da me e Maurizio Crispi come commento ad un'altra foto di panchine e devo dire che hai avuto la nostra stessa intuizione. Tra scienziati ci s'intende! Valentina, con queste semplici parole hai azzerato la religione e riformulato tutta l'astrofisica! Ti candido a futuro premio Nobel per la religione!

(MC) - Da brivido! Con un possente colpo di coda siamo saltati dalla panchina pedonabile, alla panchina ombra ad un ipotesi cosmologica che investe i massimi pensieri. Qui si sta forgiando una nuova storia del pensiero universale, ragazzi!

Freccia della Libertà versus freccia dell'Autorità


E tu dove vai se la freccia non ce l'hai? Io ce l'ho la freccia, ce l'ho!
(foto di Maurizio Crispi)

"...ma tu ce l'hai la freccia"? Che bella frase! - mi si chiede se ho una freccia, mia!
Certo che ce l'ho! Ed essendo mia posso decidere io di direzionarla dove mi pare e piace. Ho la freccia e con la mia freccia stabilisco la mia direzione, dove andare.
Avere una freccia da direzionare è qualcosa che assomiglia alla libertà.
Che meraviglia! ...anzi no!
Perchè no? Perchè credo che stia subentrando una difficoltà: siamo in una strada a senso unico e la direzione è già stata scelta da altri che rappresentano l'Autorità. Questa bella freccia bianca su cartello blu è la freccia dell'Autorità e ci dice che in questa strada si va tutti in una sola direzione.
Come, tutti in una sola direzione? Ed allora della mia freccia che me ne faccio? Che senso ha chiedermi se ho una freccia mia se non posso nemmeno usarla? Ma cos'è, uno scherzo di cattivo gusto?
Mi chiedono se possiedo la freccia della Libertà per poi vincolarmi alle decisioni della freccia dell'Autorità?
Che Democrazia è mai questa! Mi promettono scelte libere che - contemporaneamente - mi negano, imponendomi direzioni scelte da altri.
Davanti a questa presa in giro ci sarebbe da arrabbiarsi!
Qualcuno l'ha già fatto ed ha danneggiato la freccia dell'Autorità.
Per il momento sembra reggere ancora attaccata al suo paletto ma è possibile che qualche altro colpo ben assestato possa rompere i perni (quello inferiore mi sembra già leggermente allentato) e fare cadere la freccia dal suo supporto.
Allora ognuno potrebbe prendere la sua freccia della Libertà ed avvitarla al paletto nella direzione che più preferisce.

(MC) - Certo, il nostro panorama quotidiano ci offre alcune incredibili coincidenze, come è appunto la contrapposizione assolutamente casuale tra l'evocazione di una "freccia" personale (che si può supporre essere quella della libertà e dell'energia creativo/generativa) e quella costrittiva, geometrica, squadrata e priva di fantasia e slancio dell'Autorità.
La freccia, peraltro, è un simbolo molto antico come ci indicano alcuni veloci flash sul simbolismo della freccia:
"La freccia rappresenta... il pensiero che introduce la luce e l'organo creatore che apre per fecondare, che si sdoppia per permettere la sintesi.
(...)
"In senso generale, la freccia è il 'simbolo universale del superamento delle condizioni normali; rappresenta la liberazione immaginaria dalla distanza e pesantezza; un'anticipazione mentale della conquista di un bene eccezionale'.
"La freccia arriva alla meta stabilita e indica un compimento;
(...)
"...la freccia è come identificata con l'arciere che, tramite essa, si proietta, si slancia sulla preda."
Risulta evidente da tutto questo che la freccia burocratica non ha alcun potere intrinseco (è soltanto un "segno"), mentre la freccia "della libertà" che vi è contrapposta rappresenta, con il carattere di simbolo, una forte istanza interiore che si proietta in un punto che si trova al di là dell'arciere che la scocca.
Kalhil Gibran afferma che i figli sono come le frecce che l'arciere scocca dal suo arco. Sì, inizialmente, sono dell'arciere, ma poi - una volta scoccate -volano lontano per seguire una propria traiettoria che non può più essere bloccata da chi ha dato loro movimento e dinamismo.




I vostri figli non sono vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
e benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donar loro l’amore ma non i vostri pensieri.
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
essi abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi.
La vita procede e non s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccati in avanti.
L’arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tende con forza
affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere;
poiché come ama il volo della freccia,
così ama la fermezza dell’arco.



(Kahlil Gibran, Il Profeta)

martedì 10 novembre 2009

Il guanciale degli amanti eterei


Guanciale su letto di foglie morte
(foto di Maurizio Crispi)
Il guanciale si muove di continuo, forse sospinto dal vento o forse perchè è animato di vita propria. L'altro ieri era fermo su un riquadro di cemento del marciapiede, ieri si è spostato in un aiuola ai piedi di un alberello stento, oggi invece si è fermato a riposare su di un letto di foglie morte.
Domani, chissà?
Oggi è qui, domani è lì.
Passa la notte in un luogo e, al mattino, ha già migrato altrove.
E, se poi non li vedi più, ti viene spontaneo pensare che abbiano migrato in un altrove che ti è dato soltanto immaginare.
Altri oggetti che si vedono per strada, invece, posseggono un rigida, inquiteante, fissità: giorno dopo giorno, li vedi posati sempre nello stesso punto.
E' come se non avessero vita: non godono nemmeno di quell'effimera vita riflessa derivante dal calcio occasionale d'un passante o dal dinamismo d'un ricciolo di brezza.
E non si smuovuono nemmeno di un centimetro.
Fino a che, misteriosamente, così come sono arrivati, scompaiono.
Non so dire quale, delle due categorie di oggetti, sia più inquietante...
 
(VC) - Maurizio, tu ipotizzi che il guanciale si muova perchè sospinto dal vento o forse perchè animato di vita propria.
Credo che esista anche un'altra possibilità ovvero che il guanciale sia spostato da invisibili “utenti” che lo userebbero durante la notte, nascostamente.
Forse, due amanti clandestini che non potendosi svelare sono costretti a vivere la loro intima intesa celandosi allo sguardo del mondo, interiorizzando e rendendo perfetta ed invisibile la loro unione.
Forse, i due amanti non si vedono nemmeno, forse vivono in città diverse, ma si sentono ed uniscono le loro anime.
Forse, le due anime, che sono apparentate al vento, s'incontrano e giacciono felici, adagiandosi su quel guanciale.
Nell'esplodere di quella passione convulsa ed invisibile il guanciale viene spostato.
Terminata l'unione le anime, esauste per non essersi risparmiate, non pensano mai a fare ordine, rimettendo il guanciale al proprio posto e furtive, approfittando di un alito di vento, fanno ritorno ognuna nel proprio cuore.
 
(MC) - Posso replicare solo con una citazione: "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi" (Antoine de Saint Exupéry).
 


lunedì 9 novembre 2009

Libere divagazioni su di un incontro pericoloso...


Auto-avvistamento su specchio infranto
(foto di Maurizio Crispi)

(VC) - Attento, Maurizio, attento a non stazionare troppo a lungo in questa posizione di autoavvistato!
E già, mi scuserai il gioco di parole ma il tuo auto avvistamento su specchio infranto sta determinando una "infrazione".
Maurizio, non ti sei accorto di essere in divieto di sosta?
In effetti uno specchio infranto per un appassionato autoavvistatore è una occasione irrinunciabile. E' molto probabile che diversi autoavvistatori, prima di te, siano rimasti, come dire “in trance”, rapiti dall'effetto autoavvistante creato dallo specchio infranto e che in tale posizione siano rimasti per parecchie ore creando problemi di traffico e di posteggio. Ecco quindi che si è reso necessario il cartello di divieto. Maurizio, fuggi alla fascinazione dell'autoavvistamento. Frida, mordicchialo, tiralo via prima che qualche solerte gendarme non lo colga in sosta vietata e lo multi a norma di codice o peggio, ne disponga la rimozione forzata!

(MC) - Auto-avvistamento con esito in rimozione forzata! Mi piace! In effetti, Frida cercava di tirarmi via per togliermi dall'impiccio...
I cani hanno il sesto senso per queste cose e bisogna fidarsi del loro intuito...
Peraltro, il cartello di divieto di sosta serve ad avvisare i passanti un po' narcisi di non indulgere troppo a lungo in auto-contemplazioni compiaciute, dal momento che il proprio sguardo riflesso nei frammenti dello specchio potrebbe assumere delle valenze un po' medusee con immediato effetto di pietrificazione del malcapitato (e in questo caso sarebbe il proprio stesso riflesso a causare una situazione di terribile pericolo, a differenza che nel mito di Perseo che, com'è noto, potè uccidere Medusa guardandola mai direttamente ma soltanto indirettamente nel riflesso del proprio scudo). E' un po' come un moderno canto delle Sirene: i passanti sono sedotti anziché da un melodioso canto, dal potere della propria immagine riflessa... Quel divieto di sosta è una sorta di "avviso ai viandanti"...
Aggiungerei anche, stimolato dall'arguta nota del mio amico Enzo, che uno specchio infranto (o rotto) porta sfiga (credo che, secondo la tradizione popolare, uno specchio rotto porti "sette anni di guai!"). E ciò è legato sia all'elevato valore simbolico dello specchio, all'attribuzione ad esso di un forte potere (perchè rimandando l'immagine dimostra in qualche modo di possederla, in "un mondo al di là", ma anche al fatto che lo specchio - oltre che oggetto "potente" era anche - subito dopo che gli uomini impararono a costruirlo così come oggi lo conosciamo - un oggetto costoso che non tutti potevano permettersi di acquistare.
Per tutti questi motivi urge allontanarsi dal fortuito ritrovamento il più rapidamente possibile...

(DA) - Ma ci sarebbe da parlare anche di Alice attraverso lo specchio, allora!


(MC) - Ma, in quel caso, lo specchio deve essere integro... Anche la storia di Alice la dice lunga su quanto lo specchio sia un'oggetto dotato d'una sua intrinseca forza... Poi, secondo alcune teorie psico-dinamiche (Lacan, Olievenstein) la metafora dello specchio infranto rappresenta un momento dello sviluppo del bambino che, per vari motivi, non si vede più riflesso dalla propria madre nella sua interezza, ma frammentato e scomposto (come se si vedesse appunto riflesso dalla superficie di uno specchio percorso da mille crepature): un vero e proprio evento destabilizzante nella crescita evolutiva del Sè, che potrà portare negli anni successivi quell'adolescente a ricercare esperienze (tra cui anche le droghe) che ricompongano l'immagine del proprio Sè spezzettato.



Perché si dice che lo specchio rotto porta sfortuna?

È probabile che questa credenza sia legata al forte valore simbolico dello specchio: oggetto "magico" capace di duplicare le cose, ma anche le persone. Questa caratteristica può aver spinto le generazioni passate a pensare che infrangere l'immagine riflessa equivalesse in qualche modo a uccidere la persona stessa o a farle del male, un po' come avviene nei riti Vudu, quando gli stregoni seviziano con spilloni una bambolina che rappresenta il malcapitato destinatario della sciagurata influenza.
Come tutte le superfici capaci di riflettere le immagini (vetro, acqua, metallo), fin dall'antichità lo specchio è stato considerato carico di poteri magici. I Romani pensavano che esso permettesse di osservare tutto ciò che avveniva nelle parti più lontane dell'Impero. Religioni come l'Islam o l'Ebraismo, invece, consigliano di capovolgere gli specchi durante la veglia funebre, per evitare che essi impediscano all'anima del defunto di lasciare il mondo terreno.
Lo specchio è presente anche nelle pratiche di stregoneria, reali o fantastiche: Caterina de' Medici divinava attraverso uno specchio "magico", e la regina cattiva di Biancaneve gli sottoponeva ogni giorno il celebre quesito: "Specchio, specchio delle mie brame: chi è la più bella del reame?


I coniugi Arnolfini
(Johannes van Ejck)

giovedì 5 novembre 2009

Man-panchine: insidiose trappole, misuratori della forza dell'amore oppure strumento di ascesi?


Una mano nel c... non sempre è una pacca!
(foto di Giuseppe Catalano)

(MC) - Possibili definizioni: mano-panchina o panchina-mano? Oppure, volendo intetizzare: "man-panchina", "manchina" o "panchi-ma"... Sarebbero dei possibili neologismi per un oggetto sicuramente ibrido che meriterebbe una sua specifica nomenclatura... Per altri versi, spostandoci nel territorio del perturbante, si tratta indubbiamente di una panchina inquietante: se la sua consistenza lapidea fosse soltanto un inganno per l'incauto "appanchinante" e se il comportamento dell'insolita "manpanchina" (apparentemente accativante, perchè sembra offrire con quelle ditone un abbraccio avvolgente al suo utilizzatore) fosse analogo a quello dei fiori carnivori?
Che poi, Zac!, si chiudono sull'ignaro insetto per digerirlo con tutta calma.
Non dico altro per non spaventarvi troppo...
Un ringraziamento a Giuseppe Catalano per averci messo sull'avviso circa l'esistenza di queste minacciose "man-panchine"... "L'invasione delle manpanchine" (ricalcante il più celebre "L'invasione degli ultracorpi") potrebbe essere il titolo di un'interessante film di fantascienza di prossima uscita. Ma, ahimé, come testimonia questo avvistamente, le man-panchine sono già tra noi!!! Però, queste man-panchine potrebbero tornare utili: ho in mente due o tre persone che manderei volentieri a sedercisi su...

(GC) - Io non ci vedo nulla di inquietante, anzi, quest'insolita panchina potrebbe essere una mano che aiuta a sollevare il morale e il fisico a gente che lo tiene molto in basso. Penso anche che Maurizio veda troppi film di fantascienza, tipo 20.000 leghe sotto i mari, etc. Secondo il mio modesto parere, la panchina che ho fotografato è una mano che ci porta in alto, per farci vedere le cose da un altro punto di vista.

(MC) - Caspita, anche questa è una bella lettura! Come a dire che la man-panchina possa essere la mano d'un gigante ultraterreno che ci solleva in alto per portarci più vicini al cielo... Mi viene in mente la celebre scena del film King Kong (e dei suoi diversi remake) in cui la gigantesca scimmia solleva con infinita delicatezza la sua bella (Fay Wray, nel primo film del 1933, Jessica Lange, nel remake di Guillermine del 1976, e Naomy Watts, nel film di Peter Jackson del 2005), racchiudendola nel palmo della sua mano sino ad averla all'altezza degli occhi per poterla esaminare meglio... Ma tralascio quest'associazione, perchè poi Giuseppe mi viene a dire che mastico troppa fantascienza! Ogni oggetto si presenta a noi in modi diversi. Ognuno di noi osserva le cose utilizzando dei propri vertici di osservazione peculiari. Ognuno "interpreta" ciò che vede e, quindi, davanti ad uno stesso oggetto, davanti uno stesso pezzo del "reale", possono coesistere diverse letture. Così facendo, applichiamo alle cose un "pensiero debole", anzichè una lettura monolitica che non dà spazio a visioni alternative... E' questo il gioco: le immagini che ciascuno di noi offre agli altri diventano giocattoli ( o, meglio ancora, dei "dispositivi") che consentono delle speculazioni ed attivano un percorso di ermeneutica.
Attraverso questo processo condiviso (e divertente) si arriva ad una visione "complessa" in cui tanti livelli diversi si compenetrano e raccontano storie, oppure sono il punto di partenza per narrazioni divergenti, ciascuna delle quali può avere una sua dignità...

(GC) - Posso essere d'accordo con molta parte di queste lettura... Anzi lo sono, tranne che per il percorso di "ermeneutica" che Maurizio propone. Una foto deve e può essere letta in due modi, o semplicemente riferendosi a (guardando) quello che è impresso, o con gli occhi della fantasia (vedendo quello che si vuole vedere).

(VC) - Credo di aver letto da qualche parte (ma non ne sono tanto sicuro) di questa mano di pietra come monolite parente della ben più nota "bocca della verità". Al noto tondo stacca-mano sarebbe apparentata dalla comune missione di smascherare i "cattivi" o non sinceri sentimenti dei convenuti.
Vuole la leggenda che innamorati pronti a giurarsi eterno amore fossero soliti provare la veridicità del proprio sentimento appanchinandosi nella manona granitica.
Al primo bacio la mano avrebbe percepito il calore prodotto dal vero amore ed essa stessa si sarebbe riscaldata ed ammorbidita, perchè l'amore, si sa, fa sciogliere anche i sassi, ed avrebbe avvolto con dolcezza i due cuori creando, solo per loro, una invalicabile "alcovina".
Nessuna violenza è descritta per i finti innamorati desiderosi soltanto di ostentare un sentimento inesistente, in questo caso la pietra, che è fredda conduttrice di calore, si sarebbe raggelata sempre di più, sempre di più, sino a congelare le terga dei due appanchinati senza amore i quali, in tale condizione, a causa di un fastidio insopportabile, sarebbero stati indotti a desistere da quella farsa.
Alzandosi ognuno di loro, andando da solo per la propria strada avrebbe avuto come primo desiderio quello di darsi delle autopacche sul sedere congelato ed anestetizzato per riattivare la circolazione, altro che baci.
Proprio l'opposto dell'idillio!

martedì 3 novembre 2009

L'errore crypto e le sue conseguenze: forse dovrei provare a volare...


Errore crypto (foto di Vincenzo Cordovana)

Ipermercato, carrello pieno di spesa, latte, acqua, mozzarella, cioccolato, Nesquik, Coppa Malù ecc., insomma, generi di prima necessità. Sono alla cassa. Mi predispongo al pagamento con il Bancomat, digito con la riservatezza del caso (anche se sono solo non si sa mai) il mio bel codice ultrasegreto ed attendo che la gradevole cassiera completi l'operazione. Brevi attimi di attesa (c'è sempre un po' di trepidazione quando si attende l'esito di una transazione elettronica, in fondo dipendiamo dal benestare del Server) e poi il triste verdetto: “Transazione negata – Errore Crypto”.
La simpatica cassiera fa anche lei la faccia sconsolata e poi aggiunge: “...strano errore Crypto, è la prima volta che mi capita, mah ...!!!”.
Errore Crypto .....!!!
Che sarà mai?
Quando il Bancomat restituisce un messaggio di transazione negata ci si sente in dovere di diversi discolpare, come se vi fosse la presunzione di essere un pericoloso contraffattore di carte elettroniche testé smascherato, ma io in questa occasione ho sfoderato un colpo d'autore e, invogliato dall'attraente cassiera, sono passato all'attacco replicando: “... forse crypto sta per Kryptonite e la Kryptonite non era quella sostanza che poteva uccidere Superman? Non vorrei che tra la mia spesa vi fosse anche un pezzo di Kryptonite che ha impedito la transazione e che lei pensasse che io sia Superman, stia tranquilla!!! E' vero che Superman potrebbe anche presentarsi con la sua identità segreta, ma le garantisco di non essere Superman!".
La simpatica cassiera ha sorriso con un sorriso aperto e disponibile (quale ragazza non farebbe gli occhi dolci ad un ipotetico Superman?) ed io ho pagato con altra moneta e sono andato via...
Secondo me, nella cassiera, si sarà insinuato un po' di dubbio riguardo alla mia vera identità ma quello che è preoccupante è che un po' di dubbio è rimasto anche a me.
Forse dovrei provare a volare...

(MC) - Secondo me nell'errore "crypto", in cui sei incorso, ci sono numerosi risvolti che vanno esaminati... Allora, innanzitutto, Crypto (titolo originale in lingua inglese: Digital fortress) è il primo romanzo thriller di Dan Brown (autore di "Il Codice da Vinci" e di "Angeli e demoni") che, scritto nel 1998 e pubblicato in Italia nel 2006 dopo il planetario successo de "Il Codice da Vinci", ha a che fare con un algoritmo ricorsivo che, per motivi di sicurezza nazionale USA, deve essere decifrato, ma si scopre essere super-blindato.
Ma se Crypto lo scriviamo con il K davanti, "Krypto" per intenderci, abbiamo la sorpresa di scoprire questo nuovo elemento che mi era del tutto ignoto ed entriamo in un universo sfaccettato: Krypto è un personaggio dei fumetti DC Comics. Apparso per la prima volta su Adventure Comics n. 210 del marzo 1955, il supercane, è uno dei superanimali più famosi e popolari. A Krypto si è ispirata una popolare serie di cartoon della Warner Bros mandata in onda a partire dal 2005 (Krypto the Superdog).

Ma, tornando all'opzione "crypto" = "Kryptonite", consideriamo che vi sono diversi tipi di Kryptonite. Vediamoli.

  • La kryptonite verde: la più famosa, indebolisce i kryptoniani fino a ucciderli, se l'esposizione è eccessivamente lunga;
  • La kryptonite rossa: provoca effetti imprevedibili che durano circa 24 ore. In un'occasione, ad esempio, Superman regredì fino all'infanzia, in un'altra divenne un gigante, oppure gli crebbero improvvisamente in maniera incontrollata barba e unghie; 
  • La kryptonite blu: agisce solo su Bizzarro, il clone imperfetto di Superman;
  • La kryptonite bianca: è capace di distruggere ogni forma di vegetazione;
  • La kryptonite dorata: è in grado di far perdere per sempre ogni potere ai Kryptoniani;
Sarei portato a focalizzare la mia attenzione sugli effetti temibili della Kryponite rossa. E non vorrei che la simpatica commessa (magari una Lois Lane in erba), ascoltando la tua battuta, abbia potuto pensare che tu - in quanto Superman di cui hai svelato con leggerezza e poca cautela l'identità - potessi non già morire a causa dell'"errore crypto", ma presentare all'improvviso -  magari nel corso della transazione stessa - improvvise ed incontrollabili anomalie morofologiche (e/o comportamentali) dovute al fatto che il tuo nemico Lex Luthor avesse abilmente nascosto nel carrello della tua spesa un piccolo quantitativo della temibile Kryptonite rossa...
Come alternativa, avrà potuto pensare che tu invece celassi la verà identità di Krypto the Superdog... In entrambi casi, si è profilata una situazione alquanto imbarazzante... cioè quella del possibile disvelamento di un'identità che andrebbe tenuta segreta a tutti i costi...

 (VC) - Quindi la cassiera si sarebbe subito identificata in Lois Lane e come tale avrebbe cercato di proteggermi dagli effetti devastanti della malefica sostanza. Come ricompensa, la dovrei avvolgere nel mio mantello e farla volare ad ultravelocità per tutta Metropolis...

 (MC) - Direi proprio! E' il minimo che tu possa fare! Ma Enzo dimmi: allora, sei veramente Superman?

lunedì 2 novembre 2009

Panchine a schiera ad Aspra



Panchine sprecate
(foto di Vincenzo Cordovana)

L'amministrazione del borgo marinaro di Aspra, in provincia di Palermo, merita una nota di encomio. Avendo molto a cuore il relax e la capacità dei suoi cittadini di produrre associazioni libere ha, infatti, riempito il lungomare di numerosissime panchine a schiera. Purtroppo, però, i cittadini dimostrano di volere snobbare l'iniziativa e disertano le panchine. Forse le panchine di Aspra sono oggetto di strumentalizzazione al centro di un boicottaggio politico.
Pepponi e Don Camilli di Aspra, ma non vi rendete conto che le panchine non sono nè di destra nè di sinistra e che l'Uomo ha due natiche, una a destra ed una a sinistra?
E dire che molti altri sognatori panchino-privi sarebbero felici se potessero fruire soltanto della metà di queste panchine. Alcuni addirittura se le sognano.
Che dire, è proprio vero il detto che all'incirca recita così: "Il Buon Dio dona il pane a chi non ha i denti".

(MC) - Oppure, qualcun altro disse (o scrisse): "Don't throw pearls to swine"!
Per alcuni versi, la disposizione delle panchine "a schiera" non è forse molto idonea al relax, e probabilmente potrebbe indurre nei potenziali utenti qualche perplessità, se non addirittura qualche legittimo sospetto, circa la possibilità dell'esposizione di eventuali utilizzatori collettivi ad un "appanchinamento di massa", propedeutico ad un comizio, ad indottrinamento politico, a propaganda elettorale, magari anche obbligatorio.
Come mio gusto personale, preferisco le panchine in ordine sparso, organizzate nello spazio con poca o nulla simmetria. Per tornare al tema delle natiche (o terga che dir si voglia), dovremmo sempre ricordare (a noi stessi in primo luogo) che esse rappresentano il massimo del pareggiamento democratico tra le genti e gli individui, ed anche il minimo denominatore comune dell'eguaglianza sociale. Montaigne, grandissimo saggio e pensatore graffiante, disse con un aforisma lapidario: "Si haut que l'on soit place, on n'est jamais assis que sur son cul".

(VC) - Maurizio, caspita, non ci avevo proprio pensato. Tu ritieni che il "panchineto" possa essere stato voluto dall'amministrazione comunale per il proprio tornaconto politico: e, in effetti, la disposizione delle singole panchine con punto di osservazione in posizione obbligata lo lascerebbe ipotizzare. Se così fosse, altro che encomio! Devo anche dire che a pensare questo sei stato un po' malignetto però, come disse un noto personaggio politico, "Chi maligna fa peccato ... ma spesso indovina!".

(MC) - A questo punto mi strappi quasi una risata sardonica, caro Enzo!

(VC) - Stupendo, più che esilarante. Mi scaricherò  dal web la risata sardonica e la caricherò sulla mia pen-drive, così da averla sempre con me.

[A questo punto il multiverso prende il sopravvento e, nel nostro dibattito scaturito dal "panchineto", si inserisce una voce nuova (GI) che, evidentemente riluttante ad accettare l'idea del "panchineto" edificato dal regime per fini di propaganda politica, introduce con forza il rimando alla panchina-fai-da-te che dovrebbe essere un autentico must per i cultori e gli amanti della panchina frugale ed estemporanea]

(GI) - Vi invito a dare un occhiata a questo video in cui vengono date indicazioni su come costruirsi una semplice panchina...

(MC) - Interessante, molto interessante... Ancora, questa ci mancava:  la "panchina-fai-da-te"!

(VC) - Ivano Fossati parecchi anni fa ha scritto una canzone dal titolo "La costruzione di un amore" che, a suo tempo, mi sembrava stupenda e che oggi mi sembra una cagata. Col tempo cambiano tante cose. Dico questo per introdurre una proposta: perchè non trovare un giovane cantautore (cantautrice) per invitarlo (invitarla) a scrivere un pezzo molto più attuale dal titolo "La costruzione di una panchina"? Il successo sarebbe planetario. A questo "evento" farebbe sicuramente seguito un convegno dal titolo "Bricolage e musica d'autore".

(MC) - ...per panchine d'autore?

domenica 1 novembre 2009

Tarzàn innamorato two


(Foto di Maurizio Crispi)

Tarzan innamorato però, non trovando la sua "Scimmietta", ogni tanto si spazientisce ed il suo diuturno richiamo a "Scimmietta" si tramuta in un grido belluino... quel famoso grido che tante volte abbiamo sentito nei film di Tarzan e che, mixato con tanti suoni diversi, venne addirittura sottoposto a brevetto.

(VC) - Il richiamo della foresta, evviva, forse c'è ancora una speranza, non tutto è perduto, possiamo ancora ritrovare il Paradiso.
Nel primo rigo Tarzàn chiama la sua “scimmietta” secondo il linguaggio della cultura dominante che ha appreso da poco. Ma in questo caso la cultura dominante fa fiasco e la scimmietta con due emme rimane dove si trova, forse non lo sente nemmeno e se lo sente non lo capisce.
Il secondo rigo potrebbe essere chiamato il rigo di Tarzàn alla riscossa.
Come possiamo notare comincia a venire fuori la vera natura dell'uomo scimmia. Il modello di cultura dominante che Tarzan stava per introiettare comincia ad involversi, a sgretolarsi sotto la spinta della vera passione e dell'animalità che è in Tarzàn (chissà se esiste anche in noi) e, al contempo, inizia a riemergere, prepotente, il linguaggio della natura. Prova ne sia che “scimmietta” in blu e con due correttissime emme perde improvvisamente una emme e diventa (dai Tarzàn fai riemergere l'animale che è in te) “scimietta”, scritto in rosso con una sola emme. Comincia a fare capolino un accenno del celeberrimo urlo. Al terzo rigo è ritornato lui, Tarzàn, il vero uomo scimmia, il Signore della giungla. 
Il linguaggiaccio (per esprimere il concetto di "brutto linguaggio" ho usato un termine molto brutto e di nuovo conio) che Tarzàn credeva di dovere imparare e che non gli sarebbe servito per parlare dritto sino al cuore della sua "scimietta" ormai non esiste più, s'è dissolto, sgretolato. Al suo posto riemerge l'unico, solo, vero urlo belluino di Tarzàn, quella emissione di pura forza ancestrale, per noi priva di valore semantico, ma capace di sottomettere (alla faccia dell'assenza di valore semantico) tutti gli animali della giungla.
La sua “scimietta” è tornata da lui, ma anche Jane si è fatta avanti e sembra disponibilissima (noi, ovviamente e secondo quanto propostoci dall'iconografia cinematografica, la preferiremmo alla scimietta).
Tarzàn, ora, è tornato ad essere felice ed anche noi, senza accorgercene, stiamo sorridendo.
E' proprio un bel finale! 
La “scimietta”, “Jane”, tutte le femmine della giungla sono contente del ritorno di Tarzàn e vorrebbero accoppiarsi con lui.
Nel sentire ciò noi sorridiamo con quel sorrisetto malizioso tipico dell'uomo culturalizzato e represso: “... Ehi! Tarzàn, questa sera sì che avrai di che divertirti...!!!"