domenica 28 febbraio 2010

Pene e peni d'amore statuari: dal romanticismo alla prosaica esistenza di Mr Trentatrecentimetri

Busto marmoreo senza testa, trasformato spiritosamente in testa di "pene" (Palermo, Villa Giulia)
Foto di Maurizio Crispi

(VC) - La frase simpaticamente scritta sul busto decapitato suscita certamente ilarità per il doppio senso che sottende ma - secondo letture più amene e buoniste - potrebbe anche volere comunicare le “grandi pene” che prova il busto per avere perso la testa.
Potrebbe trattarsi anche in questo caso di una delle tante storie d'amore vissute dalle cose che definiamo inanimate.
Il soggetto marmoreo potrebbe, anche lui, avere perso la testa per amore.
Caspita, se così fosse dovremmo ammettere che si comincia ad avere una bella casistica di oggetti perduti per affari di cuore.
Potrei citare un cagnolito decapitato da lunotto posteriore di automobile, oppure alcune teste di Barbie, e così via.
Tutti noi abbiamo affermato, almeno una volta nella nostra vita, di avere perso la testa per amore, ma, in realtà, la testa era saldamente al proprio posto e dopo qualche tempo pensava già ad altro, magari ad altro amore, ma questi poveri oggetti la testa la perdono sul serio.
Gli oggetti inanimati si innamorano, forse, come tutti noi però, a differenza nostra, non conoscono la metafora.
Se loro perdono la testa la perdono sul serio, gli si stacca, rotola per terra e potrebbe anche andare in frantumi.
Amen!
Noi ci possiamo permettere di dire frasi del tipo: “...mi si apre il cuore...” pur rimanendo perfettamente in vita.
Ebbene se una statua dice che le si sta spaccando il cuore è probabile che le sia già comparsa una fessurazione nel petto.
Questa fessura, incrinandone la struttura compatta potrebbe addirittura dissociare l'unità strutturale del soggetto affetto da amore marmoreo. Si potrebbe giungere ad un completo distacco dell'intera spalla sinistra con fessurazione che partendo dall'interno del cuore di pietra si è estesa a tutta la superficie ed a tutta la massa.
Capita di vedere al mattino statue di innamorati lapidei private del braccio, della spalla e di un pezzo di petto che distaccatesi dalla struttura giacciono per terra ai piedi del basamento di granito.
Il fenomeno è stupefacente e potrei tentarne una spiegazione.
Essendo una statua cosituita da fredda pietra un sopraggiunto stato emotivo, come un nuovo amore, creerebbe nella statua un surriscaldamento (il noto effetto caldaia del cuore innamorato).
Come ben si sa dalle leggi della fisica il calore tende a dilatare i solidi ma essendo la pietra, per definizione, rigida ed anelastica si può ben comprendere come lo stato di surriscaldamento e di dilatazione conseguente crei le premesse per una lesione che, ove perdurasse l'effetto dell'amore che genera calore e del calore che genera, a sua volta, dilatazione, non tarderebbe a trasformarsi in una vera e propria linea di frattura.
E noi?
Noi continuiamo a prendere in prestito frasi che non sono fatte per noi.
Con l'uso disinvolto del linguaggio figurato fingiamo di andare incontro, per amore, ad effetti devastanti che in realtà appartengono soltanto alle statue.
Esibiamo davanti all'amato/a una sorta di fragilità tipica della struttura anelastica, della pietra, del vetro, che potrebbero non reggere ad un urto ed andare in mille pezzi.
Ci facciamo pietra e vetro e chiediamo all'altro/a di essere invece iperumani, di rendersi totalmente iperelastici adattandosi a noi, assumendo la nostra stessa forma per comprendere il tormento del nostro cuore di pietra
Proponiamo, di fatto, un mostruoso rapporto uomo statua.

(MC) - Il commento di Enzo è semplicemente fantasmagorico, ed evocativo, perchè in un colpo solo mette tanta carne al fuoco... O forse dovrei dire, pietra? 
Ma non sottilizziamo. Vorrei esplicitare due riferimenti occulti: innanzitutto, entriamo in pieno nelle argomentazioni filosofiche sul sentire (Trattato sulle sensazioni) di Condillac, che, partendo da una statua di marmo, immota e priva di vita, ipotizzava cosa fosse accaduto se questa statua fosse stata progressivamente dotata dei sensi - a partire dal tatto - che noi uomini abbiamo a disposizione per relazionarci al mondo.
Ipotizzava Condillac che, una volta che la statua avesse acquisito gli strumenti del sentire, avrebbe anche conquistato una serie di qualità proprie dell'uomo, tra le quali - per estrapolazione - anche il pensiero e, si direbbe oggi, le funzioni relazionali-cognitive.
Ma, a proposito delle metafore linguistiche che assumono una loro concretezza, mi vengono anche in mente delle storie del Corriere dei piccoli di quando ero piccolino: e, in particolare, le storie del negretto Bilbolbul al quale ne succedevano di tutti i colori, a causa delle sue marachelle: ogni storia si concludeva con la traduzioone in concreto di una metafora linguistica (tipo: per la gioia, "toccare il cielo con un dito"... e il dito di Bilbolbul si allungava smisuratamente sino a toccare il cielo, poi - ovviamente - per rimediare al danno compiuto occorreva prendere provvedimenti drastici, in questo caso di tipo chirurgico.
In questo caso, il taglio del dito eccedente.

(AC )-  [Alice è stata colpita dalle potenzialità della storia d'amore adombrata da Enzo e ribatte, quindi, citando una bella poesia che riportiamo per esteso]

Una grossa pietra
con le uniche amicizie
le intemperie
si lamentava della solitudine


Un giorno un seme
sulla schiena del vento
si posò a poca distanza


Complice anche la pioggia
in un marzo che scalciò
anzitempo l’inverno
nacque un fiore
bellissimo
e la pietra se ne innamorò


Il dolore fu tanto
quando capì
che non si potevano
mai abbracciare


Il fiore le disse
che comunque sarebbe stato
un amore breve
breve come la sua vita
ed entrambi
si abbandonarono
al dolore truce
e non parlarono
mai d’amore


Verso sera del giorno dopo
passò un uomo col martello
e fece a pezzi la pietra
che serviva per un selciato
e nella foga del lavoro
stese il fiore
con una grossa scarpa


Ebbero il tempo io pensai
per la felicità d'un momento
ma lo sprecarono
in calcoli e presagi
senza liberare
mai unisone emozioni
...e dirsi..ti amo
Da: Una Farfalla All’ombra Della Luna 



(MC) - Divertente questa commistione tra testa-pene e testa persa a causa delle pene d'amore... L'amore, in effetti, dà sempre infinite pene, ma le pene d'amore non danno pane... Senza temer edi discendere dall'empireo dell'amore romantico a cose ben più prosaiche, oserei ricordare qui la famosa canzone del mitico Elio e le Storie Tese, dedicata a John Holmes, l'altrettanto mitico "re del porno", conosciuto anche come Mister Trentatré centimetri. Non esplicito il perchè di un simile nomignolo: credo che possiate arguirlo da soli...

JOHN HOLMES. Una vita per il cinema
(Elio e le Storie Tese)
Quand'ero piccolo
Tutti mi scherzavano
Per le dimensioni del mio pene
Ed io non stavo bene
Soffrivo le pene
Per colpa del pene
Ma più il problema non si pone
Sì, perchè  il pene mi dà il pane
Son diventato un grande attore
E benchè schiavo dell'amore
Mi son comprato la moto
E ora son schiavo della moto
Non faccio piu' moto
Infatti vado solo in moto
Ma ora son diventato un mito
Ho rilanciato il film muto
Perchè sono muto
E se vedrete il filmato sicuramente converrete con noi che questa e' verita'


John Holmes
Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto


John Holmes Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto


Trenta centimetri
Di dimensione artistica
Su di ciò la critica é concorde
Nel ritenermi sudicio
Perche' non hanno capito
Non parlo perché son rapito
E poi in faccia non son mai inquadrato
Ma dal pubblico son venerato
Ma ora sono diventato un mito
Ho rilanciato il film muto
Perche' sono muto
E se fossi stato cieco
Avrei lanciato il film cieco
E se fossi stato ato(m)
Avrei lanciato il film-ato(m)
Dicon che faccio film penosi
Perche' lavoro col pene
E insomma il pene mi da' il pane
Il pene mi dà sì la moto
Ma la moto non da' pene
Perchè funziona bene
Si', si' la moto non da' pene
Perché funziona bene


John Holmes
Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto

John Holmes
Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto
Jhn Holmes!
John Holmes è il nome d'arte di John Curtis Estes, nato ad Ashville (Ohio, U.S.A.) il giorno 8 agosto 1944. Noto anche come Johnny Wadd, diventò molto famoso negli anni '70 e '80, grazie anche alle notevoli dimensioni del suo pene.
Come attore pornografico John Holmes ha recitato in oltre 2.000 film ed è ancora oggi considerato la più importante star maschile del cinema hard.
John Holmes è morto il 13 marzo 1988 a causa di complicazioni legate all'AIDS. L'anno prima aveva sposato Misty Dawn; questa, che avrebbe preso il nome di Laura Holmes, nel 1998 pubblicherà la biografia del marito, in verità un' autobiografia di John Holmes, dettata alla moglie in punto di morte, che è stata pubblicata in Italia da DeriveApprodi  con il titolo"Re del porno. L'autobiografia del più grande attore hard".

Dalla presentazione del volume:
Poco prima di morire di Aids nel 1988, John Holmes ha voluto scrivere questa autobiografia. È un racconto ironico, e insieme struggente, di una vita convulsa e maledetta. Una carriera iniziata casualmente nel 1965 e proseguita con l'esplosione dell'industria del sesso e la diffusione di massa dei suoi prodotti dopo il '68. Holmes racconta aneddoti della sua infanzia puritana, i retroscena di alcuni film cult del porno, i rapporti con gli ambienti della prostituzione, dello spaccio di droga e del traffico d'armi. Con schiettezza racconta anche il dramma della sua lunga tossicodipendenza e del coinvolgimento in un orrendo omicidio plurimo. Da questo libro, emerge la figura di un personaggio acuto e intelligente, autoironico e coraggioso.

Quanto alla sua morte per AIDS, il lettore deciso ad arrivare sino in fondo avrebbe delle sorprese. Infatti, John Holmes sostiene di essere stato vittima di un complotto ordito ai suoi danni dall'intelligence americana (la CIA di allora), dai cui servizi venne convocato per essere sottoposto a degli interrogatori che non concernevano le sue attività di attore porno, bensì unpresunto traffico illecito su larga scala nel quale era rimasto invischiato. Holmes sostiene che in quell'occasione gli venne iniettato qualcosa, ma non sa essere più preciso.
E' l'unico attore porno del quale si dica a chiare lettere che sia morto per AIDS. Persino nel caso della nostra indimenticabile Moana una tale verità non è mai stata dichiarata (si è parlato piuttosto, nel suo caso, di carcinoma epatico, del resto compatibile con un'infezione inapprente da virus dell'epatite C).
A proposito di John Holmes, c'è un aneddoto proprio gustoso tratto da un film di Riccardo Schicchi, che vi voglio raccontare.
Nel film, Cicciolina (Ilona Staller) e John Holmes si incontrano perchè sono stati entrambi processati e condannati per atti osceni in luogo pubblico.
La "pena" che è stata loro comminata (e quindi torniamo a bomba al tema iniziale del contrasto-consonanza di pena-pene) consiste nello svolgere un lavoro sociale a favore di coppie "in difficoltà" che dovranno contattare domiciliarmente.
Al loro primo incontro, John Holmes si presenta a casa di Cicciolina e viene introdotto alla sua presenza.
"Ciao. Sono John Holmes" - dice, affabilmente, porgendo galantemente la mano a Cicciolina.
Cicciolina risponde immusonita: "Non ci credo!"
"Ma sì! Sono proprio io!", ribatte John Holmes, alquanto risentito.
"Va bene... - fa Cicciolina - Allora, se sei proprio quello che dici di essere, dimostramelo!"
Immaginiamo la scena: Cicciolina è languidamente seduta su di un divano e John Holmes in piedi davanti a lei. All'ingiunzione della sua partner,  John Holmes si slaccia la patta dei pantaloni e tira fuori il suo enorme pisello.
Immediato gridolino di stupore da parte di Cicciolina, mentre un'espressione di stupore le si dipinge in volto.
"Sì, sì, hai proprio ragione! Sei davvero John Holmes!"
Vi  risparmio il seguito...
...e spero di non essere stato lungo...
Ma... e se appicassimo la concretezza delle metafore delle storie di Bilbolbul a John Holmes?
Preferisco non pensarci...

(VC) - Caro Maurizio, raccolgo una tua perplessità relativa alla lunghezza delle nostre argomentazioni nella misura in cui temi possa risultare eccessiva. Voglio quindi rassicurarti. Ho provveduto a misurare con doppio decimetro lo sviluppo complessivo del testo ed ho potuto rilevare una lunghezza di trentatrè centimetri esatti. Come vedi la lunghezza risulta assolutamente “canonica”. Tranquillo, Maurizio, non temere, trentatrè centimetri è una lunghezza che in genere risulta molto... molto apprezzata.....!!!!!"

domenica 21 febbraio 2010

Distrazioni plastiche e la ricerca dell'unione perfetta...

Distrazione plastica
Foto di Enzo Cordovana


Lo so, in amore basta una distrazione
e sforni figli così, a ripetizione
ed ecco che mi ritrovo, povera manichina
per campar, con la prole, nuda nella vetrina.
Lo vidi un giorno, plastico e benvestito
e in cuor desiderai quel pupazzo per marito.
La vita però, si sa, cela delle illusioni
e noi, povere sciocche, crediam nelle passioni.
Fu così che nottetempo lasciai la mia boutique
per andare ad incontrare quel fantoccio molto shic.
La notte fu per noi lunga e fantastica,
vibravo nel sentire la pelle sua di plastica.
Gli dissi, dopo: "...caro, ci sposeremo un giorno...?"
Rispose: "...forse, non so, ma ora levati di torno..."

...e dopo nove mesi nacquer due pupazzi
Foto di Enzo Cordovana

  
Tornai così, delusa, nella mia vetrina
dopo nove mesi, ricordo ancora, una mattina
vidi nel reparto fanciulli del grande magazzino,
figli miei, due pupazzi, una bimba ed un bambino.
Andai dal bellimbusto, lo informai cortesemente,
mi rispose: "...di te, dei tuoi fanciulli, non mi importa proprio niente..."
Tornai così, con il cuore sconsolato,
in vetrina, da sola, con il frutto dl peccato.
Lei si chiamò Vinilia lui fu chiamato Tano,
diminutivo per fanciullo di Vinilpoliuretano.
Lo so che la ragione vorrebbe più accortezza
ma ancora una volta volli provar di lui l'ebbrezza.
Ed ecco che mi ritrovo con la panciona grossa e protesa
nel reparto fanciulli, mamme e dolce attesa.
Solo una cosa rimprovero a quel pupazzo plastico, ben vestito e molto attivo:
poteva almeno, lui plastico, anch'esso elastico, usare un bel preservativo


(MC) - Una bella storia d'amore, davvero!
Il mondo è gravido di storie d'amore.
Amori impossibili, amori delusi, amori bionici. Tutti perseguono il loro impossibile sogno di giungere ad un'unione perfetta che sia per sempre, in cui domini la consapevolezza dell'essere finalmente uniti in un'unità inscindibile e duratura.
Benchè le due metà si inseguano per celebrare tra loro un'unione mistica, poi sopravviene sempre la spada di un un dio invidioso a separare ciò che si è unito.
Oppure è la claustrofobia ad averla vinta sulla claustrofilia...
Le tracce di queste fuggevoli unioni che, mentre sono state vissute erano per sempre (anche se si trattava di un sempre di pochi minuti), rimangono perenni, nel bene o nel male.
L'unione sperimentata porta ad un arricchimento o ad una sottrazione di qualcosa; la separazione attiva delle potenzialità prima sopite e ravviva nuovi interessi, ma fa crescere anche il germe della nostalgia - il dolore insopportabile davanti alla mancanza di ciò che ci è familiare e il desiderio di potervi fare ritorno come una nave cerca in tutti i modi di rietrare nel suo porto sicuro ed accogliente.
E la nostalgia, con queste sue due componenti, attiva a sua volta una nuova - instancabile - cerca (come quella del Santo Graal).
E così tutti, panchine, bici, manichini, lattine di bibite gasate buttate via vuote, involti MacDonald Happy meal e bicchieri di cartone usa e getta, sono perennemente alla ricerca d'una nuova unione, perchè non possono dimenticare quei momenti perfetti in cui due si erano fatti uno, anche se - a volte capitano - come conseguenza di quell'unione felice e spensierata - il Tre e il Quattro che servono a consegnare alla futura memoria il ricordo di quegli istanti felici - ahimè, troppo brevi!
E così si consumano le esistenze degli esseri del mondo animato e di quello inanimato, aure comprese, in un gioco di continuo avvicinamento e distanziamento, allontanamento e ritorno, tendenze centrifughe in alternanze a forti attrazioni centripete, senza fine...
Il Simposio di Platone ci dice qualcosa d'intersante al riguardo...

domenica 14 febbraio 2010

Palloncini colorati e merchandising in stile "dolcemente mostruoso", ovvero dalle stelle alle stalle

Palloncini colorati
(foto di Maurizio Crispi)

È finito il tempo della festa... Ai palloncini colorati un po' tristanzuoli non resta che far festa al cassonetto stracolmo... É il loro canto del cigno...

(AF) - Mi viene in mente La favola dei palloncini colorati. che ho sentito narrare tanto tempo fa...

C'era una volta, tanto tempo fa, molto lontano da qui, un paese in bianco e nero.
Con tante ombre al posto dei colori.
Un giorno arrivò un signore che portava, legati ad un polso, una miriade di palloncini di ogni colore.
Appena lo vide, si avvicinò un bambino e gli chiese perchè quelle strane sfere non fossero bianche e nere. Allora il signore gli rispose che veniva da un paese dove ogni cosa aveva un colore.
Proprio come quei palloncini.
Il bimbo gli domandò un palloncino e il signore decise di regalarglieli tutti.
Si chinò su di lui e glieli tese.
Il bambino li afferrò, ma d'improvviso cominciò a sollevarsi da terra con tutti i palloncini.
Il signore lo afferrò e il bimbo, spaventato, decise di lasciarli andare.
E appena toccò terra alzò gli occhi verso il cielo.
Vide quell'enorme quantità di palloncini, con tutti quegli strani colori che non aveva mai visto, librarsi in quell'infinita macchia bianco-nera che rappresentava l'unico mondo che lui conosceva.
Il suo cuore si fermò.
Era uno spettacolo meraviglioso: quei palloncini continuavano a volare in alto come luci sospese. 
lluminavano il cielo come lampioni accesi, nel contrasto delle ombre che incombevano su quel paese.
Ma d'un tratto, ecco che i pallocini azzurri cominciarono a scoppiare, colorando il cielo di un azzurro intenso.
L'aria che ne uscì si tramutò in vento.
Il vento cominciò a trasportare i palloncini dovunque.
Quelli verdi si posarono sui prati e li colorarono.
Quelli gialli fecero scoppiare il sole da cui spuntarono infiniti raggi giallo-tenue che riscaldarono tutto il paese.
Quelli variopinti colorarono i fiori e così, via via, tutto il paese, pian piano, acquisto colore...
Il bambino, smarrito e incredulo, si voltò verso il signore per domandargli spiegazioni di tutto quello che era successo.
Ma il signore dei palloncini colorati non c'era più.
Era rimasto un unico palloncino rosso che andò a posarsi sul cuore del bambino.
Il palloncino si sgonfiò e il suo cuore riprese a battere, rosso d'amore.
Era nato un nuovo mondo dei colori.

(JLM) - Il tema del "vetro colorato" è abbastanza vicino al tema del "palloncino colorato". C'è nel libro di Baudelaire lo "Spleen de Paris" (o "Petits poëmes en prose") un testo (XXXVI) chiamato "Le mauvais vitrier", dove il poeta fa salire tutti i suoi gradini ad un vetraio per gridargli : "Come! Non avete vetri di colore ? vetri rosi, rossi, blu, vetri magichi, vetri di paradiso! Voi osate paseggiare in quarrtieri poveri, e non avete neppure vetri per far vdere la vita in bello! E lo buttai vivamente verso la scala. (...)"

(MC) - La favola dei palloncini colorati è davvero terapeutica : riporta nel mondo mille variazioni policrome e lo rende vibrante di colori e di emozioni...

(VC) - Bellissima favola che testimonia la policroma fantasia di Alice, una fantasia che crea le forme base di un nuovo mondo, il colore che tutto organizza: il rosso del cuore.
Purtroppo la mia memoria è piena di fantasie distorte e fortemente inquinate da altri riferimenti.
Vi racconterò, se vorrete ascoltare.
Tanti anni fa, sotto casa mia c'era un interessantissimo esercizio commerciale avente l'evocativa ragione sociale “Dolcemente Mostruoso”.
Questo frequentatissimo sito era specializzato nella vendita di articoli di gusto alquanto dubbio, anzi, francamente discutibile e comunque da utilizzarsi in caso di scherzi o di ricorrenze varie.
Eccovi un breve esempio di alcuni degli articoli che ogni giorno ammiravo esposti in vetrina: feci finte ovvero escrementini in plastica assolutamente pari al vero, con tipica forma di mega escremento a spirale che termina con punta rastremata in alto dopo avere descritto un paio di spire, emettenti, ove compressi, un simpatico suono a trombetta, da piazzarsi preferibilmente sopra il cuscino della vittima o sopra una sedia; mini-organi genitali maschili igroscopici, ovvero di quelli che messi in acqua subiscono un vistoso rigonfiamento tale da riempire l'intera bottiglia e quindi da usare insererndoli, per burla, dentro una bottiglia d'acqua nella credenza di un amico ignaro; mani mozzate e sanguinanti da film horror disponibili anche nella variante mano mozza con dita chiuse ad eccezione del medio, da poggiare sul tavolo in cucina o nel bagno; finti pacchetti di fiammiferi del tipo chiuso a libro con raffigurato un neonato che dice la simpatica frase “quando avevo un anno” e che aprendosi, esibivano un fallico fiammifero proteso verso la vittima dello scherzo ecc. ecc.
Ebbene, vi racconto ciò perchè, se non erro, ricordo di avere visto tra i vari articoli anche il finto cassonetto repellente in plastica lavabile da usarsi in occasione di feste kitsch.
Articolo che poi ebbi l'opportunità di ammirare in occasione di feste in casa di amici.
Immaginate l'esilarante e sconcertante effetto di essere invitati ad una festicciola di compleanno tra ragazzi e di trovare in salotto, insieme ai palloncini di circostanza, anche un sontuoso cassonetto per l'immondizia stipato dei suoi bei sacchettoni condominiali.
Accanto a questo monumentale addobbo andava posto il tavolo con i salatini e la torta.
Quanti sorrisi, quanto finto ribrezzo da parte degli invitati, quante battute scontate e mal riuscite in quella che era una vera e propria palestra per l'osceno, in cui si assaporava il gusto della torta e della provocazione.
Ricordo ancora quando mi appartai dietro un tale cassonetto per sbaciucchiarmi con una ragazzina appena conosciuta e della quale non ricordo né il volto né il nome.
Forse il finto sporco del cassonetto, omeopaticamente, in virtù della nota legge per cui il simile si cura con il simile, aveva su di noi la proprietà di contrastare il finto divieto delle nostre inibizioni, la finta colpa della nostra giovanile passione.
Chissà, comunque sia rimarrò grato a quel “finto cassonetto dell'amore
L'osceno e la provocazione, che “Dolcemente Mostruoso” ben rappresentava e commerciava, si giustificavano in quanto intrusione dell'assurdo, del “nonsense” nelle nostre vite che in realtà trascorrevano nell'osservanza di altre chiusure, di altri moralismi.
Anche in politica si viveva tra altri riferimenti, altri dogmatismi, altre dicotomie. Era il periodo in cui o si era democristiani o si era comunisti ed atei.
Il cattocomunismo e la democrazia atea non erano ancora stati inventati.
Ora, purtroppo, con le case piene di immondizia vera e non raccolta, un cassonetto finto in casa non fa più ridere nessuno, non è più feticcio di una trasgressione anzi si trova comodo avere in casa un cassonetto vero. Ora, come potete vedere, vecchi addobbi per feste di ex ragazzi che assaporavano il gusto della provocazione rimangono ad intasare le strade.
In questa diffusa inciviltà vecchi palloncini e vecchi cassonetti finti in plastica lavabile per festicciole di compleanno vengono abbandonati ad ogni angolo di strada. Non si trova un vero cassonetto libero dove conferire i vecchi palloncini ed i vecchi cassonetti finti, sono tutti traboccanti di rifiuti di ogni genere e come se non bastasse, il marciapiede è pieno di escrementi a torciglione con punta rastremata.
Alcuni escrementi in plastica, abbandonati sul marciapiede, sono indistinguibili dagli escrementi veri.
Soltanto quando sono pestati accidentalmente emettono un simpatico suono a trombetta.
Soltanto gli escrementi finti, se pestati accidentalmente, emettono un simpatico suono a trombetta.
Gli escrementi veri, se pestati accidentalmente, non emettono alcun suono.

(MC) - E 'proprio vero: l'ultima affermazione di Enzo mi trova pienamente consenziente... Al massimo, nel calpestare un mucchieto di feci "vere" si potrà sentire un lieve suono di risucchio, tipo "Squish, squish" (e ciò dipenderà dalla sua consistenza) ... I palloncini colorati ci avevano fatto volare alto, mentre il commento di Enzo - per slittamenti successivi - ci ha riportato ad un universo dominato dallo scatologia, ma in fondo è giusto così visto che "quell'impronuciabile bisogno" è il più universale di tutti e visto che, malgrado il tentativo di essere vagabondi delle stelle, la dura realtà ci impone di accettare l'assioma che nella vita quotidiana dobbiamo fare sforzi immani per non affogare in un mare di m****.

sabato 13 febbraio 2010

La Panchina che si perse nell'etere e divenne una psico-panchina

Panchina e finestra
(Piano Aci, Altavilla, Foto di Maurizio Crispi)

Ecco, quella della foto è una panchina che si era persa nell'etere... Certo, sarebbe molto lungo da raccontare perchè e per come si fosse persa nell'etere, ma questo è il dato di fatto di partenza che va accettato, per quanto possa essere argomentato e discusso...

(AF) - Erudizione, cultura...e un pizzico di follia!!! "Tutto è relativo. Prenda un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà felicissimo di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie" (Albert Einstein). Nell'etere si stanno perdendo troppe cose interessanti ultimamente...

(MC) - ...già, quest'etere sta diventando una miniera di cose preziose ed imperdibili...  Ricordiamoci che, in fisica, l'etere luminifero era l'ipotetico mezzo attraverso il quale, fino al XIX secolo, si pensava si propagassero le onde elettromagnetiche. Il termine è tutt'ora utilizzato nel linguaggio comune per indicare in maniera generalista la trasmissione di dati senza cavo, emissioni radio televisive comprese.

(VC) - Simpatico questo Einstein che parla di specchi e di relatività, gli chiederò l'amicizia, poi lo taggo, poi gli mando un poke e gli invio un bel quiz, così penserà che sono simpatico e disponibile. La panchina persa nell'etere ritrova se stessa e la sua “panchinità” grazie ai due marmetti sagomati che ne definiscono i limiti e l'identità.
Certo è una identità precaria come sembra precaria la resistenza dei marmetti: si ha l'impressione che, se la panchina fosse stipata di sederoni i marmetti potrebbero cedere dinanzi alla forza esuberante dei vettori che si sprigionerebbero da una serie di naticone compresse.
Ma forse questa è una illusione, forse su questa panchina da anni non ci si siede più nessuno e le sedie a sdraio cantano vittoria.
Forse i marmetti (che mi ricordano due angioletti custodi, due amoretti) sono messi li non per esercitare un contenimento fisico degli appanchinati, che non si vedono, ma per definire l'identità della panchina, per evitare che, indefinita possa perdersi nell'etere o, addirittura, essere risucchiata dal muro dal quale sembra essere emanata.
Guardando la panchina da lontano, senza i marmetti a descriverla, risulterebbe indistinguibile dalla parete. Grazie al candore, quasi virginale, dei due lembi, la panchina ritrova e definisce se stessa ed attende, attende l'altro da se che ne affermi la vita affettiva e sociale.
Forse un giorno i figli, oppure i nipoti del proprietario della casa faranno una bella festa con tanti ragazzi, forse durante la serata una coppia, non vista, si apparterà in quella panchina, forse nella foga della passione gli innamorati infrangeranno quel delicato marmetto bianco, forse, quando ciò avverrà l'angioletto divertito sorriderà.

(MC) - Caro Enzo, rimango letteralmente senza parole di fronte alla tua arguzia argomentativa.
I marmetti come angeli custodi e come strumenti definitori della panchina sono davvero fantastici: è proprio un bel dire!
Senza quei marmetti-angioletti la panchina in questione sarebbe una panchina "a scomparsa" o addirittura una panchina "trompe-l'oeil". Nel senso che, se vai per sedertici, o, nel tentativo di raggiungerla, ti ci avvicini, ti troverai a sbattere contro il muro oppure, se ti accosti a marcia indietro (cul-en-avant, per così dire) e poi ti lasci andare, per dare il giusto riposo alle tue terga affaticate, rischerai di cadere ingloriosamente per terra sul nudo cemento e, a prevenire il danno, a nulla varranno i tuoi personali guardian angel, di cui i marmetti-angioletti custodi di un sapere più antico si sono fatti beffa...
Senza di loro, che la tengono ancorata al muro antico, questa panchina se ne starebbe oziosa a vagabondare nell'etere, disancorata da tutto, propensa a fermarsi di tanto in tanto in non-luoghi oppure in luoghi della mente, rivelando così la sua propensione a diventare più che altro una panchina "psichica" adatta forse ad ospitare soggetti che fanno di catatonia virtù.
Quanto alla legittima suspicione che, per secula seculorum, una siffatta panchina psichica non abbia ospitato appanchinati, ancora una volta hai fatto centro, essendo più propensa a fungere da letto estemporaneo per viandanti stanchi oppure per amanti alquanto "nature".
Più che altro, costoro li lusingava con il suo aspetto invitante, negando loro il piacere del giaciglio nel momento in cui si protendevano verso di essa per poi alimentarsi della loro palpabile delusione quando si rendevano conto che la panchina nasceva da una propria proiezione psichica.
Quella che stiamo eaminando è dunque una panchina magica che possiede tante qualità diverse: eterea, a scomparsa, trompe-l'oeil, illusionale, psichica (come il famoso "guanciale psichico", ricordi?), magica, onirica. Per alcuni versi, una panchina "borgesiana" di tutto rispetto...
Ancora, non sappiamo se non sia anche una porta che immette in altre dimensioni...
La presenza dei marmetti-angioletti darebbe qualche indizio in questo senso, a detta dei maggiori esperti in materia.
Per chiarire quest'ultimo punto sono in corso degli studi che, tuttavia, sono resi alquanto difficoltosi proprio dalle caratteristiche summenzionate...Facendo un ulteriore sforzo definitorio e tassonomico, si potrebbe aggiungere che trattasi d'una psico-panchina o anche di una "panchina per amanti psichici" ...e chi può intendere , intenda...
 
(AF) - Erudizione, cultura...e un pizzico di follia !!! :-))
 
(MC) - Einstein e l'etere sono stati il primum movens... Disse il grande scienziato: "Do I dare disturb the universe?".  La follia implica l'esplorazione di universi ignoti. Alcuni personaggi dell'Orlando Furioso, seguendo la propria follia (d'amore) arrivano persino sulla luna e compiono imprese mirabolanti... Soltanto dando ascolto a quel pizzico di follia in noi (alla corda pazza, direbbe Pirandello) possiamo essere condotti a cose straordinarie... La follia ti da quel pizzico di vision in più... Ti consente di vedere l'invisibile e persino ciò che sta al di là dell'invisibile...

martedì 2 febbraio 2010

Storia di un cane che perse la testa per amore

(foto di Maurizio Crispi)

Ero un simpatico cagnolino da cappelliera d'auto.
Me ne stavo sul retro dell'auto del mio padrone e, mentre l'auto si muoveva, la mia testa oscillava e oscillava festosamente, salutando il mondo che scorreva ai miei piedi.
Con questa mia oscillazione di testa, trasmettevo una sensazione di affabilità e contentezza...
Poi, un giorno, ho visto una cagnetta...
Bellissima! Aveva le ciglia lunghe lunghe e mi guardò una sola volta... Uno sguardo lungo e languido. Ed io, in un attimo, di fronte a tanta bellezza e leggiadria, persi la testa per lei.
Fu un vero colpo di fulmine...
La mia testa, letteralmente, se ne andò appresso a quell'essere meraviglioso, e il mio corpo - una spoglia vuota - rimase indietro, senza vita...
Il mio padrone, avendo constatato che io ero ormai ero perso - la mia testa perduta in un sogno d'amore - e fallito ogni tentativo di rianimazione, pensò che fossi ormai inservibile: non potevo più fare oscillare il mio capo con quella eleganza che mi contraddistingueva, fingendo un sorriso che non era più dentro di me...
E, allora, crudelmente, in un attimo decise di sbarazzarsi di me e, con una gentilezza riparatoria (questo lo devo ammettere), mi depose sul mariciapiedi, vicino a dove aveva parcheggiato la sua auto.
Spero che, un giorno, la mia testa rinsavita dalla follia d'amore possa ricongiungersi con il resto del mio corpo...
Ma non c'è più molto tempo ormai: stiamo arrivando ad un punto di non ritorno.
Presto qualcuno mi raccatterà e mi butterà nel cassonetto che si erge minaccioso a soli pochi passi da me.
Lo sento.
Io attendo malinconicamente e consumo questi ultimi istanti come quelli di una fiammella morente.
La mia vita di giocattolo mi sta abbandonando a poco a poco.
Ma sino all'ultimo non smetterò di sperare...

(MMS) -  Perchè parli di testa "rinsavita" per ricongiungersi al resto del corpo? E' bello perdere la testa per amore!

(MC) - La testa rinsavisce, ma solo dopo aver gustato tutte le follie d'amore... Quindi, l'amore lo ha vissuto... Questa breve storiella mi ha fatto tanto pensare, dopo averla scritta, al racconto alquanto surreale di Nikolai Gogol, "Il naso"contenuto nella raccolta "I racconti di San Pietroburgo".

La trama in breve
L'assessore collegiale Kovalev si sveglia un bel mattino senza naso, e pensa che sia stato il diavolo in persona a rubarglielo. In realtà il naso si è semplicemente staccato dal suo padrone, gettandolo nello sconforto (lo sconforto è dovuto al fatto che senza il suo naso l'assessore non può più frequentare quella società che tanto gli piaceva, non può più andare alle feste e corteggiare le giovani signorine), e adesso va in giro per la città tutto solo, vestito da alto funzionario con un cappello con piume da ambasciatore. Alla fine tutto si risolverà nel migliore dei modi ed il naso così come era scomparso riapparirà al suo posto.
Pubblicato per la prima volta sulla rivista Sovremennik (Il Contemporaneo) nel 1836. Il racconto era introdotto da una brevissima nota di Alexander Puskin, che fu dei primi a riconoscere in Gogol un vero e proprio genio, egli scrisse: "Gogol si è a lungo rifiutato di far pubblicare questo divertimento, ma noi vi abbiamo trovato tanto di inatteso, di fantastico, di allegro, di originale, che l'abbiamo convinto a consentirci di condividere con il pubblico il piacere che ci ha procurato il suo manoscritto".
In realtà Gogol aveva iniziato a scrivere il racconto molto prima della sua pubblicazione, intorno al 1830, negli anni in cui cioè in tutta Europa andava di moda scrivere dei divertissement che avessero come oggetto il naso. E' del 1831, ad esempio, l'Elogio del naso dello svizzero Heinrich Zschokke. Altre analogia con scrittori e libri di questo periodo è costituita dal tema del doppio, come non pensare al romanzo di Dostoevskij Il sosia o andando un pò più lontano al racconto di Poe William Wilson, che però nel racconto di Gogol si stabilisce con l'antitesi tra l'assessore Kovalev, che, privato del suo naso, ha vergogna di uscire da casa, ed il naso stesso che invece se ne va tutto tranquillo per la città, vestito da funzionario dello Stato.

(AF) - 'Il naso' è un capolavoro. Ma, in genere, tutta quella raccolta di racconti di Gogol è fantastica.

(VC) - [L'amico Enzo ha deciso di fornire un suo contributo in rima sulla storia del cagnolino che perse la testa per amore]


Vivo in questa macchina, nel lunotto posteriore
sognando di incontrare il mio perduto amore.
Lo vidi stupendo, cartonato e vellutato,
oscillare il suo bel capo dal cingolo snodato.

Ci scrutammo ad un incrocio soltanto un momentino
Ed io, vezzosa, scossi di più il capino.
Volevo di lui richiamare l'attenzione
dicendo: “...mi vedi da quella posizione...?”

E lui, mossa la testa con moto suo inerziale
sembrava che pensasse: “...che pupa niente male...”
La magica illusione durò solo un momento
e scioltosi l'ingorgo riprese il movimento.

Un giorno l'Amor tu lo potrai incontrare 
a patto che si blocchi il flusso veicolare.
Siam solo dei balocchi e questo grande ardore
per nulla intenerisce l'umano guidatore.

Nessuno considera che insieme alla mia testa
si muove anche il mio cuore, fatto di cartapesta. 
E un giorno lo rividi, accanto posteggiato,
che triste vederlo d'amor decapitato.

Seguiva un altro amore di cagna semovente
ed io triste capii che oscillavo inutilmente.
Che sciocco, non sai che noi siamo balocchi?
Volevi fermare il capo, fissarla nei suoi occhi?

Non sai che a noi non è concesso
di fermarci un sol momento, di vivere un amplesso?
Noi siam solo un trastullo e questi esseri umani
non sanno che nel cuore soffriamo come cani