sabato 20 marzo 2010

Storia di un'impronta e dissertazioni su escrementi, deiezioni canine, suole, fortune e sfortune

L'effetto del trattamento Ridarelli...
(foto di MaurizioCrispi)

Qualche volta tocca a noi affondare il piede in un escremento di cane strategicamente collocato sul marciapiedi. Per quanto si faccia attenzione a questo tipo di insidie, prima o poi deve capitarci. Alcuni, fondandosi sulla nota equivalenza feci=denaro chiamata in causa dallo stesso Freud per spiegare quelli da lui definiti come i tratti analiritentivi del carattere, sostengono che affondare il piede nella cacca è un evento che arrecherà fortuna e buona sorte (dunque, un evento di cui gioire). Sarà così, ma certo è che, quando ti capita, sei lì a bestemmiare e a santiare, pensando al "dopo", cioè a quando, tornando a casa, dovrai levarti le tue calzature lorde per dedicarti ad una loro minuziosa pulizia. Forse, è per questo che quando ci capita di osservare una cacca di cane (o di altro mammifero) palesemente calpestata il nostro naturale sentimento di solidarietà verso i nostri simili viene incrinato da un silenzioso grido di giubilo per quanto è capitato al nostro prossimo. Le tracce, poi, parlano chiaro: a volte l'evento ha prodotto uno scivolone (ben documentabile dalla traccia visibile), altre volte invece si è trattato di un calpestamento netto e ben definito. Lo scivolone è il tipo di evento peggiore: una volta è capitato a mio figlio piccolo, mentre lo accompagnavo all'asilo. Mio figlio correva davanti a me gioiosamente, quando si è imbattuto in un grosso elemento escrementizio.
Lo ha preso in pieno, è partito con uno scivolone, ci è caduto sopra di sedere e, per di più, nel tentativo di puntellarsi ci ha pure messo sopra la mano. Vi lascio immaginare il seguito... 
Una volta, la mia cara canuzza Frida ha sofferto di un'incontinenza notturna, deponendo uno dei suoi doni proprio davanti al frigorifero. Io mi sono alzato nel corso della notte per  bere un bicchiere d'acqua, a piedi scalzi, e proprio mentre mi accingevo ad aprire lo sportello del frigorifero ho percepito qualcosa di molle ed umidiccio sotto il piede... Poi, su questo episodio, ho scritto anche un raccontino a beneficio di mio figlio, infiorandoci su con una serie di amplificazioni comiche e paradossali..., e l'ho letto a figlio che si è molto divertito e, da allora, non ha fatto altro che citarlo per quei risvolti comici ed esilaranti che io gli avevo dati per veri e che qui vi risparmio per non scadere nel trucido "scatologico".
Questo il motivo (o meglio i motivi) per cui mi sono affrettato a fotografare l'orma stampata sugli escrementi, che, tra l'altro, potrebbe essere un'illustrazione paradigmatica per "Il trattamento Ridarelli" di Roddy Doyle.
La foto ha suscitato un grande successo di commenti, perchè si tratta di uno di quegli argomenti - alla pari del sesso - assolutamente irresistibili.

(VC) - Purtroppo il tipo di impronta mi induce a pensare che la scarpa in questione sia stata una scarpa di tipo sportivo, del tipo usato da ragazzi come noi oppure da atleti come noi. Ahi! anche questa volta non ritrovo un bel calco (chiedendo venia per il neologismo un po' volgaruccio sarebbe meglio dire un “ca-calco”) di una scarpa rappresentativa di altro tipo di utente come una bella Tod's oppure una stupenda Prada. Certo il massimo sarebbe il “cacalco” liscio da scarpa elegante da funzionario bene di ente bene. Con un po' di fortuna questo tipo di calzature prive di battistrada potrebbero attivare, in evenienze come quella che Maurizio opportunamente ha colto, il ben noto effetto surf con slittamento in avanti del malcapitato che, proiettato in avanti, potrebbe ritrovarsi, in virtù della gravità e di un intersecarsi di svariate forze vettoriali, in stato di raggiunta quiete con le terga posate sul materiale biologico prodotto da un qualche canide presumibilmente di grossa taglia.
A riguardo cito, per chi fosse interessato e riuscisse a reperirlo, un testo di altissimo interesse scientifico dal titolo “La proiezione in avanti del corpo umano deambulante sottoposto ad una perdita di aderenza al suolo causata da materiale fecale del canide”.

(MC) - Una volta, tanti anni fa ero in un campeggio in un posto bellissimo nella ex-Juogoslavia. Bellissimo il luogo, pessimi i servizi igienici, ma da giovani ci si adatta... Le toilet si trovavano in un truce gabbiotto, quattro cessi alla turca, porte basculanti mezze divelte. Feci sparse dovunque. Chi arrivava, trovando dello sporco, si posizionava dove il terreno era pulito, sicchè i nuovi arrivati si accovacciavano sempre più distanti dalla latrina e defecavano praticamente per terra. Era un posto dove occorreva fare molta attenzione a come ci si muoveva... Un mattino, mentre mi recavo al bagno (si fa per dire) sento un bambino chiedere al papà (italiani): "Papà, ma sono stati i cani?". "No, figlio mio" - ebbe a rispondere quel padre, per nulla propenso a mantenere nel figlio l'illusione di una naturale propensione alla pulizia del genere umano - "sono stati gli uomini!" 
Squish, squish... E quella nota sensazione di risucchio, quando il piede si è posato su di una deiezione canina? Cosa ne pensi, Enzo?

(RM) - Ma sei uno splatterissimo!!! Ma, bleakkkk!!! Eppure il libro sul trattamento ridarelli è delizioso...

(GC) - La deve aver fatta grossa... il malcapitato, perchè se non ricordo male le dimensioni del lascito in cui si imbatteva l'adulto "stronzo" (è il caso di dirlo) erano proporzionali alle sue malefatte. Bellissimo libro quello di Roddy Doyle!

(MF) - Sull'argomento di carattere scientifico proposto da Enzo si potrebbe organizzare un simposio... magari aggiungiamo: confronti tra suole e suggerimenti.

(VC) - Marina, ho bisogno di un tuo parere spassionato! Ti prego, non darmi una risposta di circostanza. Sinceramente, tu pensi che, con questa mia teoria, io potrei diventare un vero caposcuola o almeno un capo-suola?

(MF) - Assolutamente sì, anzi mi propongo come tua assistente personale, come Public relation (PR), mal che vada come "soletta", in tutti i sensi...

(VC) - Immagina un'assistente molto professionale e meticolosa, spesso taciturna, che veste in maniera orrenda e dimostra più dell'età che ha in realtà, che il professore chiama dandole del Lei nonostante lavorino insieme da quaranta anni e che, finita la giornata, da parascenziata torna a casa sola "soletta". Nessuno ha mai saputo cosa faccia varcata la porta del laboratorio, dopo avere riposto le suole ed i vari escrementi nelle apposite teche (il laboratorio è pieno di suole-teche e feci-teche).

(MF) - Ahahaha! Una storia meravigliosa! E' proprio l'eroina di un romanzo che potrebbe avere come titolo "L'assistente soletta".

(VF) -  Rido con le lacrime e non accenno a fermarmi, sono preoccupato. Ditemi qualcosa di triste, come in Mary Poppins, per farmi smettere! Potrei smettere di ridere soltanto se mi capitasse di mettere il piede in un bell'escremento gigante, meglio ancora se seguito da scivolone con atterraggio di gluteo, con vestito da cerimonia, sul succitato prodotto terminale della digestione canina...

(MC) - [qualcuno chiede con sincera partecipazione dove sia stata beccata l'impronta "orrenda"] - Il luogo non importa. Ciò che conta è la perfezione assoluta dell'impronta, quasi da farne un calco realizzato dalla polizia scientifica sul luogo del delitto... Ma per completare il pensiero espresso da Vincenzo, nell'eventualità dello scivolone con atterraggio di gluteo,  il malcapitato, tentando di puntellarsi con la mano per evitare il peggio, potrebbe infilare le dita e l'intera mano direttamente nell'escremento gigante... Dopo di che, andrebbe a finire esattamente come nella famosa filastrocca che vede Ludovico Ariosto sfortunato (e spassoso) protagonista...

(VC) - Ho riflettuto su un possibile sviluppo della trama che sopra era stata abbozzata, tematizzata per suggerimento di MF come "L'assistente soletta".
Forse lei è segretamente innamorata di lui anche se in quarant'anni lui l'ha cagata (è proprio il caso di dirlo) men che meno.
E' per questo che lei ha sempre rifiutato il corteggiamento di Lindo, che fa il maestro, Ma(e)stro Lindo per l'appunto, buono e pulitino ma un po' insulso.
La vita con Maestro Lindo sarebbe proprio l'opposto della vita che lei adesso conduce e che non si sente di abbandonare sentendovisi legata chissà da cosa.
Ma, alla fine della storia, come fu, come non fu, il professore e l'assistente hanno un avvicinamento ed amoreggiano convulsamente facendosi largo tra solette ed escrementi da laboratorio.
Finito l'amplesso però, guarda un po' che tipaccio, il professore si rimette il camice e come se niente fosse accaduto continua a dare del lei all'assistente che ci rimane un pochino delusa perchè sperava in una bella storia d'amore e che lui si mostrasse quello che non era stato mai e che, forse, mai potrà essere.
Lei gli dice frasi del tipo: “Ma... Ma professore, io credevo che...”, ma lui freddo le risponde: “...le ricordo che oggi il reparto di gastroenterologia dell'Università che collabora con i nostri studi ci porterà un carico di feci fresche da catalogare, mettiamoci quindi al lavoro, la scienza non può arrestarsi per un imprevisto movimento ormonale...”; e poi viene la frase ad effetto: “...quello che è avvenuto tra noi attiene alla fisiologia della riproduzione come queste feci attengono alla fisiologia dell'escrezione, noi siamo scienziati e crediamo soltanto alla fisiologia, mi creda, non esiste altro oltre la fisiologia, anche oltre quella che ci siamo scambiati...”
Lei ci rimane di m**** e comincia seriamente a pensare che lui sia l'unico pezzo veramente di m**** presente in quel laboratorio e che lei (metaforicamente) ci abbia messo il piede sopra scivolando rovinosamente. Forse lei, per la prima volta dopo quarant'anni di vita tra feci e solette, si è sentita improvvisamente sporca ed impuzzata.


(Doyle Roddy, Il trattamento Ridarelli, Salani)

Il signor Mack, assaggiatore di biscotti, sta per scontrarsi con un destino ingrato (e puzzolente): è sul punto di sperimentare... il trattamento Ridarelli. A chi tocca il trattamento Ridarelli? Agli adulti che sono cattivi coi bambini, che raccontano che una cosa sa di pollo quando non è così, che scoreggiano e incolpano i figli, che mangiano l'ultima fetta di pizza senza offrirne un po' agli altri. In che cosa consiste il trattamento Ridarelli? E perché il signor Mack sta per meritarselo?

venerdì 12 marzo 2010

I destini incrociati di due calvini sul sentiero dei nidi di ragno

Due tele di ragno gemelle...
(foto di Maurizio Crispi)

Un bel dì, camminavamo su per il monte e venivamo dall'aver percorso il "sentiero medievale", quando l'amico Enzo attirò la mia attenzione su queste tele di ragno: la curiosità era che fossero una accanto all'altro, nei riquadri contigui di una porta sfondata e che si presentassero quasi identiche (una vera e propria bi-tela di ragno..).
Ci siamo chiesti se le due tele non fossero opera di uno stesso ragno migrante, oppure - caso più stupefacente ancora - di due ragni supposti gemelli...
L'ipotesi è rimasta aperta.
Resta comunque la suggestione di un "avvistamento" insolito lungo un percorso che abbiamo deciso di compiere ogni martedì e nel quale è possibile scoprire ogni volta cose diverse - pur essendo lo scenario apparentemente eguale.
Lungo la strada ci imbattiamo in cose nuove: quasi che il nostro cammino fosse fatto di destini che si incrociano e poi divergono...

(RF) - Altro che medievalel!! Ma questo è il famoso "sentiero dei nidi di ragno" in effetti.... "calvini" lo siete un po' ambedue!! C'è il sentiero, ci sono le ragnatele, c'è il calvino... Sono un genio!

(VC) - [che risponde in rima, seguendo la sua vocazione]


Certo, apprezzo il tuo intervento,
tu sei un genio del commento
ma attenzione a quella tela
e all'insidia che essa cela,
non toccar la ragnatela
che quel ragno tesse e svela
Se il sentiero ci conduce
a quel ragno li vicino
attenzione, non seguiamo
stolto esempio del calvino.
Può trattarsi, mascherato,
di un aracnide pelato.
Chi, seguendo quel sentiero,
giunto li trasecolato,
vuol toccarla con un dito
ve lo dico per davvero
può finire abbindolato
e restare, ahimè, irretito

giovedì 4 marzo 2010

Non posteggiate davanti a quella porta!

Attesa...
(foto di Maurizio Crispi)

Lasciare libero 
grazie + notte
giorno

(VC) - Chissà a quanto tempo addietro risale l'ultima volta che il portoncino venne ostruito tanto da motivare il proprietario della villetta ad articolare una comunicazione volta a scongiurare il ripetersi del deprecabile evento.
La foto che ci mostra questa abitazione colorata non lascia intuire la densità del flusso veicolare e l'eventuale problema di parcheggio che avrebbe portato l'irrispettoso automobilista a lasciare la propria automobile proprio dinanzi l'ingresso di questa civile abitazione [abitazione d'antan, peraltro].
Mi sembra di vedere la sequenza: l'automobilista esasperato dopo avere compiuto parecchi giri intorno all'isolato ed avere rastrellato l'intero quertiere nell'infruttuosa ricerca di un posto, in preda ad uno stato d'esasperazione emotiva, trova la “salvezza” nello spazio destinato al passaggio di un mezzo. Il quartiere è tutto “zona blu” ed il povero autiomobilista non si trova gli spiccioli per il ticket del parcheggio ad ore.
Certamente avrà provato ad affidarsi anche ad un posteggiatore ma, in assenza di un piano regolatore correttamente approvato, non sono ancora state individuate le aree destinate a parcheggio. Il risultato è che il quartiere è letteralmente ostaggio di posteggiatori abusivi e l'automobilista non vuole cedere al ricatto del posteggio non autorizzato.
Da li la decisione estemporanea di occupare temporaneamente quello spazio libero (e scusate il gioco di assonanze...).
Nella foto non si riesce a leggere bene il numero di autorizzazione comunale ma certamente sarà stato affisso bene in vista.
L'automobilista in questione, squallidamente legato alla propretà a quattro ruote, avrà certamente chiuso la macchina a chiave e sarà entrato in uno dei tanti palazzi del quartiere (o tuguri...?).
Rintracciarlo è come trovare un ago in un pagliaio, ma forse un pagliaio si cela dietro quel portoncino.
La città è sicuramente piena di vita e di divertimenti di vario genere.
Giungo a questa valutazione considerando che la prima stesura dell'ingiunzione prevedeva soltanto l'invito garbato ad astenersi dall'ostruire l'accesso.
Successivamente presumo che l'invito sarà stato esplicitamente volto a garantire un libero accesso ai locali nel corso dell'intera giornata.
Tale comunicazione, però, non avrà considerato la caotica turbolenza della notte e della “movida” di questa città, certamente del Sud.
Già mi immagino il caos di tutti questi giovani riversatisi in strada con l'unico intento di divertirsi e di godere della notte, della sua frenesia e delle sue seduzioni e trasgressioni.
E' prevedibile che il giovane che segue il proprio istinto non presti attenzione ad un garbato divieto che sembra riferito al “giorno”, ovvero alle ore diurne.
Da qui la successiva, come si intende dal segno “+” , estensione della norma anche alle ore della notte.
Si intuisce la tensione del proprietario dell'immobile verso una comunicazione valida ed incisiva, ancorchè benevola, che sarà stata così articolata:
1) una prima scritta che invita a lasciare libero l'accesso, con ringraziamento conclusivo ed anticipato;
2) una successiva comunicazione che estende il divieto all'intero giorno;
3) una terza, conclusiva e risolutiva comunicazione (sinteticamente concepita come “+notte”) che, preso atto delle “turbolenze notturne” di questa città del divertimento e del piacere, si occupa di estendere anche alle ore della notte l'opportuna comunicazione volta a garantire il diritto alla libera fruizione della proprietà di una civile abitazione in una metropoli d'oggi.

(MC) - Secondo me, il propietario (antico) di questa dimora, sconvolto dai problemi scaturenti dall'impossibilità di fare uscire il suo carretto a traino animale dalla stalla, sarà emigrato altrove, magari attraversando "l'ucìanu" [l'oceano] con un bastimento a favore.
E si puuò anche pensare che, sperando in tempi migliori, egli - prima di lasciare - abbia rozzamente vergato questa scritta per giustapposizioni successive, in modo tale da sottolineare la necessità di lasciare permanentemente libero l'accesso ai piani bassi della sua dimora.
Nel frattempo, si è dimenticato di fare ritorno, perchè adesso abita in un luogo dove ha ampi spazi a disposizione e nessuno occlude l'entrata alla sua dimora che, nel frattempo, si è fatta principesca e regale.
Il portoncino umile e dimesso, rivestito da una lussureggiante crescita erborea (tra qualche anno anche arbustiva e arborea), rimane lì in paziente attesa del suo ritorno... Fedele al mandato che ha ricevuto in tempo immemorabile...
Ma c'è anche da dire che nessuno parcheggia lì davanti...
Come mai?
La casetta resiste ai colpi del tempo e malgrado tutto conserva una sua aura, forse una barriera invisibile che garantisce il rispetto di una "no parking zone" nelle immediate vicinanze.
Zot! zot! C'è qualcuno che ha testimoniato come gli infrattori siano stati bersagliati da fulmini a ciel sereno e da fenomeni di auto-combustione spontanea che hanno incenerito vetture, guidatori e passeggeri, il che lascia supporre che siano state attivate delle protezioni paranormali...
E se - come ultima ipotesi - lo sconosciuto abitatore, in tempi andati, fosse morto di inedia propia a causa degli automezzi che gli impedivano di uscire di casa per approviggionarsi dei necessari generi di conforto? Allora sarermmo di fronte ad un caso da annoverare negli X-files del paranormale: si tratterebbe di un fenomeno di demoniache presenze e di poltergeist con tutte le regole che conferma l'assunto del "Non aprite quella porta!", in questo caso nella variante "Non posteggiate davanti a quella porta!".
E qui sfidiamo gli scettici a farlo...