venerdì 23 aprile 2010

Organi celtici da manutendere e traffico d'organi nell'anno trentamila

Occorrono immediati restauri all'"organo"...
(Foto di Maurizio Crispi)

Organi ed organo. Organon è il nome dato dai seguaci di Aristotele, i Peripatetici, all'edizione standard delle sue sei opere di logica. Queste opere sono: le Categorie, il De Interpretazione, gli Analitici primi, gli Analitici secondi, i Topici e le Confutazioni sofistiche.
Ma anche, volendo addentrarsi nella vertigine della lista, apparecchiatura, congegno, emissario, portavoce, dispositivo, strumento, parte, notiziario, parte del corpo, membro, meccanismo, componente, istituzione, organismo, struttura, foglio, giornale, organo di stampa, pubblicazione, rivista, testata, bollettino, quotidiano, periodico>, armonium, clavicembalo, organetto, organino, pianola, organo Hammond, sintetizzatore, tastiera elletronica, pezzo...
Vedi anche: apparecchio, impianto, ingegno, scatto, arnese, canale, mezzo, segreto, veicolo, braccio, contributo, corno, elemento, frammento, lato, luogo, partito, passo, personaggio, posto, punto, ruolo, tempo, tratto, tronco, capo, cazzo, pene, pisello, socio, uccello, uomo, funzionamento, fattore, istituto, sistema, essere, castello, edificio, fusto, modulo, registro, settimanale, letto, titolo, messaggero, rappresentante...

Vista la profusione di significati, di quale organo vogliamo parlare?
Quando ero giovane (ai tempi dell'università, i primi anni in particolare) attraversai un lungo periodo di sofferenze ipocondriache, rinfocolate dallo studio dei testi di medicina, dove - naturalmente - andavo a cercare le foto e le descrizioni più orride e malsane, con approfondimenti specifici in biblioteca, sempre alla ricerca - più che di spiegazioni scritte - di immagini (insomma, in quei primi anni, praticavo una sorta di pornografia delle immagini di argomento medico, in definitiva).
Tra le tante malattie, da cui ritenni di essere stato colpito (grazie alla mia fantasia che,al galoppo, mi trascinava verso scenari tanto fantasiosi quanto paurosi), vi fu un intero florilegio di malattie veneree tra le quali un posto di rilievo lo aveva la famigerata sifilide.
Con ossessività, andavo a spulciare tutte le immagini più devastanti relativi alle lesioni tipiche della sifilide terziaria, le gomme luetiche, le erosioni della fosse nasali, comprese di quelle di uomini senza naso e con altre deformità.
Trepidavo di paura.
Irrealisticamente, pensavo di essermele beccate: irrealisticamente, perchè allora i 18-20enni - a parte qualche eccezione - vivevano in condizioni di quasi-castità.
Insomma, non reggendo allo stress della paura di avere chissà cosa, mi confidai con molta fatica con mio padre che, a scopo ansiolitico, mi portò subito da un suo conoscente dermatologo e specialista in malattie veneree.
Questi, quando arrivammo, senza alcun preambolo, mi disse, dandomi bonariamente e con piglio paternalistico del tu, "Tira fuori l'asta!" Io che ero già in preda all'ansia e semistordito non capii una mazza (per l'appunto). E quello prosegui: "Insomma, tira fuori l'asta virile...", "Mostrami il membro", ... "L'organo"..."L''uccello!".
Io finalmente capii ed abbozzai, tirando fuori il mio pisello che, data la circostanza, era semplicemente accartocciato dalla paura...
L'organo, appunto...
Quelo stesso organo di cui, quando si andava nelle case chiuse (che io non ho mai conosciuto), ma di cui ho sentito grazie ai coloriti racconti di don Totò (il marinaio del circolo di canottaggio che frequentavo da ragazzo), veniva richiesta un'immediata esposizione dell'"organo" per un preventivo "lavaggio" che consentiva anche, all'occhio esperto della signorina di turno, la verifica che non vi fossero lesioni sospette, ma che - nello stesso tempo -  fungeva da vigorosa manuntezione rinvigorente, nel caso di organi flosci, mosciarelli e spompati.
Ma quello del mitico don Totò non aveva mai defaillance: era d'acciaio ("Un ferrrro", come soleva dire la buonanima, con enfasi fonetica ascendente).
Organi da manutendere e da riparare...
Credo che, quando si affiggono cartelli come quello della foto, occorra prima specificare di quale organo si ta parlando... a scanso di equivoci...

(VC) - Traffico d'organi...

Siam nell’anno trentamila,

al mercato c’è la fila,
stan vendendo d’occasione
cuori, addomi, anche un polmone.

In quest’anno cibernetico
ho acquistato un cuor magnetico
un testicolo ed anche un ano
in vinilpoliuretano.

Ma con mio grande dispetto
questo cuore, maledetto,
perde sangue a profusione
da una guasta guarnizione.



Lo diceva anche mia zia
di prestar molta attenzione,
negli acquisti d’occasione
spesso non v’è garanzia.


Io son proprio un gran pivello,
sono proprio sprovveduto,
non riesco mai a pensare
che un buon organo è un affare.

In un mondo disonesto
devi stare sempre desto,
vai in un centro di assistenza
e ti ruban la coscienza.

Ho acquistato un accessorio
che mi serve per amare,
grosso, forte, dritto, bruno,
lo dovevo ancor montare.

Io son sempre un po’ distratto,
l’ho lasciato incustodito,
è passato un pervertito,
...il bell’organo è sparito... !


Io funziono poco bene,
il cervello non mi tiene,
non ho soldi per cambiarlo,
mi limiterò a saldarlo,

ma potrei forse acquistarlo
al mercato d’occasione,
guarda, compro proprio quello,
...e mi danno anche un coglione...!


(by "Varietà" - enzocordovana.blogspot.com)

sabato 20 marzo 2010

Storia di un'impronta e dissertazioni su escrementi, deiezioni canine, suole, fortune e sfortune

L'effetto del trattamento Ridarelli...
(foto di MaurizioCrispi)

Qualche volta tocca a noi affondare il piede in un escremento di cane strategicamente collocato sul marciapiedi. Per quanto si faccia attenzione a questo tipo di insidie, prima o poi deve capitarci. Alcuni, fondandosi sulla nota equivalenza feci=denaro chiamata in causa dallo stesso Freud per spiegare quelli da lui definiti come i tratti analiritentivi del carattere, sostengono che affondare il piede nella cacca è un evento che arrecherà fortuna e buona sorte (dunque, un evento di cui gioire). Sarà così, ma certo è che, quando ti capita, sei lì a bestemmiare e a santiare, pensando al "dopo", cioè a quando, tornando a casa, dovrai levarti le tue calzature lorde per dedicarti ad una loro minuziosa pulizia. Forse, è per questo che quando ci capita di osservare una cacca di cane (o di altro mammifero) palesemente calpestata il nostro naturale sentimento di solidarietà verso i nostri simili viene incrinato da un silenzioso grido di giubilo per quanto è capitato al nostro prossimo. Le tracce, poi, parlano chiaro: a volte l'evento ha prodotto uno scivolone (ben documentabile dalla traccia visibile), altre volte invece si è trattato di un calpestamento netto e ben definito. Lo scivolone è il tipo di evento peggiore: una volta è capitato a mio figlio piccolo, mentre lo accompagnavo all'asilo. Mio figlio correva davanti a me gioiosamente, quando si è imbattuto in un grosso elemento escrementizio.
Lo ha preso in pieno, è partito con uno scivolone, ci è caduto sopra di sedere e, per di più, nel tentativo di puntellarsi ci ha pure messo sopra la mano. Vi lascio immaginare il seguito... 
Una volta, la mia cara canuzza Frida ha sofferto di un'incontinenza notturna, deponendo uno dei suoi doni proprio davanti al frigorifero. Io mi sono alzato nel corso della notte per  bere un bicchiere d'acqua, a piedi scalzi, e proprio mentre mi accingevo ad aprire lo sportello del frigorifero ho percepito qualcosa di molle ed umidiccio sotto il piede... Poi, su questo episodio, ho scritto anche un raccontino a beneficio di mio figlio, infiorandoci su con una serie di amplificazioni comiche e paradossali..., e l'ho letto a figlio che si è molto divertito e, da allora, non ha fatto altro che citarlo per quei risvolti comici ed esilaranti che io gli avevo dati per veri e che qui vi risparmio per non scadere nel trucido "scatologico".
Questo il motivo (o meglio i motivi) per cui mi sono affrettato a fotografare l'orma stampata sugli escrementi, che, tra l'altro, potrebbe essere un'illustrazione paradigmatica per "Il trattamento Ridarelli" di Roddy Doyle.
La foto ha suscitato un grande successo di commenti, perchè si tratta di uno di quegli argomenti - alla pari del sesso - assolutamente irresistibili.

(VC) - Purtroppo il tipo di impronta mi induce a pensare che la scarpa in questione sia stata una scarpa di tipo sportivo, del tipo usato da ragazzi come noi oppure da atleti come noi. Ahi! anche questa volta non ritrovo un bel calco (chiedendo venia per il neologismo un po' volgaruccio sarebbe meglio dire un “ca-calco”) di una scarpa rappresentativa di altro tipo di utente come una bella Tod's oppure una stupenda Prada. Certo il massimo sarebbe il “cacalco” liscio da scarpa elegante da funzionario bene di ente bene. Con un po' di fortuna questo tipo di calzature prive di battistrada potrebbero attivare, in evenienze come quella che Maurizio opportunamente ha colto, il ben noto effetto surf con slittamento in avanti del malcapitato che, proiettato in avanti, potrebbe ritrovarsi, in virtù della gravità e di un intersecarsi di svariate forze vettoriali, in stato di raggiunta quiete con le terga posate sul materiale biologico prodotto da un qualche canide presumibilmente di grossa taglia.
A riguardo cito, per chi fosse interessato e riuscisse a reperirlo, un testo di altissimo interesse scientifico dal titolo “La proiezione in avanti del corpo umano deambulante sottoposto ad una perdita di aderenza al suolo causata da materiale fecale del canide”.

(MC) - Una volta, tanti anni fa ero in un campeggio in un posto bellissimo nella ex-Juogoslavia. Bellissimo il luogo, pessimi i servizi igienici, ma da giovani ci si adatta... Le toilet si trovavano in un truce gabbiotto, quattro cessi alla turca, porte basculanti mezze divelte. Feci sparse dovunque. Chi arrivava, trovando dello sporco, si posizionava dove il terreno era pulito, sicchè i nuovi arrivati si accovacciavano sempre più distanti dalla latrina e defecavano praticamente per terra. Era un posto dove occorreva fare molta attenzione a come ci si muoveva... Un mattino, mentre mi recavo al bagno (si fa per dire) sento un bambino chiedere al papà (italiani): "Papà, ma sono stati i cani?". "No, figlio mio" - ebbe a rispondere quel padre, per nulla propenso a mantenere nel figlio l'illusione di una naturale propensione alla pulizia del genere umano - "sono stati gli uomini!" 
Squish, squish... E quella nota sensazione di risucchio, quando il piede si è posato su di una deiezione canina? Cosa ne pensi, Enzo?

(RM) - Ma sei uno splatterissimo!!! Ma, bleakkkk!!! Eppure il libro sul trattamento ridarelli è delizioso...

(GC) - La deve aver fatta grossa... il malcapitato, perchè se non ricordo male le dimensioni del lascito in cui si imbatteva l'adulto "stronzo" (è il caso di dirlo) erano proporzionali alle sue malefatte. Bellissimo libro quello di Roddy Doyle!

(MF) - Sull'argomento di carattere scientifico proposto da Enzo si potrebbe organizzare un simposio... magari aggiungiamo: confronti tra suole e suggerimenti.

(VC) - Marina, ho bisogno di un tuo parere spassionato! Ti prego, non darmi una risposta di circostanza. Sinceramente, tu pensi che, con questa mia teoria, io potrei diventare un vero caposcuola o almeno un capo-suola?

(MF) - Assolutamente sì, anzi mi propongo come tua assistente personale, come Public relation (PR), mal che vada come "soletta", in tutti i sensi...

(VC) - Immagina un'assistente molto professionale e meticolosa, spesso taciturna, che veste in maniera orrenda e dimostra più dell'età che ha in realtà, che il professore chiama dandole del Lei nonostante lavorino insieme da quaranta anni e che, finita la giornata, da parascenziata torna a casa sola "soletta". Nessuno ha mai saputo cosa faccia varcata la porta del laboratorio, dopo avere riposto le suole ed i vari escrementi nelle apposite teche (il laboratorio è pieno di suole-teche e feci-teche).

(MF) - Ahahaha! Una storia meravigliosa! E' proprio l'eroina di un romanzo che potrebbe avere come titolo "L'assistente soletta".

(VF) -  Rido con le lacrime e non accenno a fermarmi, sono preoccupato. Ditemi qualcosa di triste, come in Mary Poppins, per farmi smettere! Potrei smettere di ridere soltanto se mi capitasse di mettere il piede in un bell'escremento gigante, meglio ancora se seguito da scivolone con atterraggio di gluteo, con vestito da cerimonia, sul succitato prodotto terminale della digestione canina...

(MC) - [qualcuno chiede con sincera partecipazione dove sia stata beccata l'impronta "orrenda"] - Il luogo non importa. Ciò che conta è la perfezione assoluta dell'impronta, quasi da farne un calco realizzato dalla polizia scientifica sul luogo del delitto... Ma per completare il pensiero espresso da Vincenzo, nell'eventualità dello scivolone con atterraggio di gluteo,  il malcapitato, tentando di puntellarsi con la mano per evitare il peggio, potrebbe infilare le dita e l'intera mano direttamente nell'escremento gigante... Dopo di che, andrebbe a finire esattamente come nella famosa filastrocca che vede Ludovico Ariosto sfortunato (e spassoso) protagonista...

(VC) - Ho riflettuto su un possibile sviluppo della trama che sopra era stata abbozzata, tematizzata per suggerimento di MF come "L'assistente soletta".
Forse lei è segretamente innamorata di lui anche se in quarant'anni lui l'ha cagata (è proprio il caso di dirlo) men che meno.
E' per questo che lei ha sempre rifiutato il corteggiamento di Lindo, che fa il maestro, Ma(e)stro Lindo per l'appunto, buono e pulitino ma un po' insulso.
La vita con Maestro Lindo sarebbe proprio l'opposto della vita che lei adesso conduce e che non si sente di abbandonare sentendovisi legata chissà da cosa.
Ma, alla fine della storia, come fu, come non fu, il professore e l'assistente hanno un avvicinamento ed amoreggiano convulsamente facendosi largo tra solette ed escrementi da laboratorio.
Finito l'amplesso però, guarda un po' che tipaccio, il professore si rimette il camice e come se niente fosse accaduto continua a dare del lei all'assistente che ci rimane un pochino delusa perchè sperava in una bella storia d'amore e che lui si mostrasse quello che non era stato mai e che, forse, mai potrà essere.
Lei gli dice frasi del tipo: “Ma... Ma professore, io credevo che...”, ma lui freddo le risponde: “...le ricordo che oggi il reparto di gastroenterologia dell'Università che collabora con i nostri studi ci porterà un carico di feci fresche da catalogare, mettiamoci quindi al lavoro, la scienza non può arrestarsi per un imprevisto movimento ormonale...”; e poi viene la frase ad effetto: “...quello che è avvenuto tra noi attiene alla fisiologia della riproduzione come queste feci attengono alla fisiologia dell'escrezione, noi siamo scienziati e crediamo soltanto alla fisiologia, mi creda, non esiste altro oltre la fisiologia, anche oltre quella che ci siamo scambiati...”
Lei ci rimane di m**** e comincia seriamente a pensare che lui sia l'unico pezzo veramente di m**** presente in quel laboratorio e che lei (metaforicamente) ci abbia messo il piede sopra scivolando rovinosamente. Forse lei, per la prima volta dopo quarant'anni di vita tra feci e solette, si è sentita improvvisamente sporca ed impuzzata.


(Doyle Roddy, Il trattamento Ridarelli, Salani)

Il signor Mack, assaggiatore di biscotti, sta per scontrarsi con un destino ingrato (e puzzolente): è sul punto di sperimentare... il trattamento Ridarelli. A chi tocca il trattamento Ridarelli? Agli adulti che sono cattivi coi bambini, che raccontano che una cosa sa di pollo quando non è così, che scoreggiano e incolpano i figli, che mangiano l'ultima fetta di pizza senza offrirne un po' agli altri. In che cosa consiste il trattamento Ridarelli? E perché il signor Mack sta per meritarselo?

venerdì 12 marzo 2010

I destini incrociati di due calvini sul sentiero dei nidi di ragno

Due tele di ragno gemelle...
(foto di Maurizio Crispi)

Un bel dì, camminavamo su per il monte e venivamo dall'aver percorso il "sentiero medievale", quando l'amico Enzo attirò la mia attenzione su queste tele di ragno: la curiosità era che fossero una accanto all'altro, nei riquadri contigui di una porta sfondata e che si presentassero quasi identiche (una vera e propria bi-tela di ragno..).
Ci siamo chiesti se le due tele non fossero opera di uno stesso ragno migrante, oppure - caso più stupefacente ancora - di due ragni supposti gemelli...
L'ipotesi è rimasta aperta.
Resta comunque la suggestione di un "avvistamento" insolito lungo un percorso che abbiamo deciso di compiere ogni martedì e nel quale è possibile scoprire ogni volta cose diverse - pur essendo lo scenario apparentemente eguale.
Lungo la strada ci imbattiamo in cose nuove: quasi che il nostro cammino fosse fatto di destini che si incrociano e poi divergono...

(RF) - Altro che medievalel!! Ma questo è il famoso "sentiero dei nidi di ragno" in effetti.... "calvini" lo siete un po' ambedue!! C'è il sentiero, ci sono le ragnatele, c'è il calvino... Sono un genio!

(VC) - [che risponde in rima, seguendo la sua vocazione]


Certo, apprezzo il tuo intervento,
tu sei un genio del commento
ma attenzione a quella tela
e all'insidia che essa cela,
non toccar la ragnatela
che quel ragno tesse e svela
Se il sentiero ci conduce
a quel ragno li vicino
attenzione, non seguiamo
stolto esempio del calvino.
Può trattarsi, mascherato,
di un aracnide pelato.
Chi, seguendo quel sentiero,
giunto li trasecolato,
vuol toccarla con un dito
ve lo dico per davvero
può finire abbindolato
e restare, ahimè, irretito

giovedì 4 marzo 2010

Non posteggiate davanti a quella porta!

Attesa...
(foto di Maurizio Crispi)

Lasciare libero 
grazie + notte
giorno

(VC) - Chissà a quanto tempo addietro risale l'ultima volta che il portoncino venne ostruito tanto da motivare il proprietario della villetta ad articolare una comunicazione volta a scongiurare il ripetersi del deprecabile evento.
La foto che ci mostra questa abitazione colorata non lascia intuire la densità del flusso veicolare e l'eventuale problema di parcheggio che avrebbe portato l'irrispettoso automobilista a lasciare la propria automobile proprio dinanzi l'ingresso di questa civile abitazione [abitazione d'antan, peraltro].
Mi sembra di vedere la sequenza: l'automobilista esasperato dopo avere compiuto parecchi giri intorno all'isolato ed avere rastrellato l'intero quertiere nell'infruttuosa ricerca di un posto, in preda ad uno stato d'esasperazione emotiva, trova la “salvezza” nello spazio destinato al passaggio di un mezzo. Il quartiere è tutto “zona blu” ed il povero autiomobilista non si trova gli spiccioli per il ticket del parcheggio ad ore.
Certamente avrà provato ad affidarsi anche ad un posteggiatore ma, in assenza di un piano regolatore correttamente approvato, non sono ancora state individuate le aree destinate a parcheggio. Il risultato è che il quartiere è letteralmente ostaggio di posteggiatori abusivi e l'automobilista non vuole cedere al ricatto del posteggio non autorizzato.
Da li la decisione estemporanea di occupare temporaneamente quello spazio libero (e scusate il gioco di assonanze...).
Nella foto non si riesce a leggere bene il numero di autorizzazione comunale ma certamente sarà stato affisso bene in vista.
L'automobilista in questione, squallidamente legato alla propretà a quattro ruote, avrà certamente chiuso la macchina a chiave e sarà entrato in uno dei tanti palazzi del quartiere (o tuguri...?).
Rintracciarlo è come trovare un ago in un pagliaio, ma forse un pagliaio si cela dietro quel portoncino.
La città è sicuramente piena di vita e di divertimenti di vario genere.
Giungo a questa valutazione considerando che la prima stesura dell'ingiunzione prevedeva soltanto l'invito garbato ad astenersi dall'ostruire l'accesso.
Successivamente presumo che l'invito sarà stato esplicitamente volto a garantire un libero accesso ai locali nel corso dell'intera giornata.
Tale comunicazione, però, non avrà considerato la caotica turbolenza della notte e della “movida” di questa città, certamente del Sud.
Già mi immagino il caos di tutti questi giovani riversatisi in strada con l'unico intento di divertirsi e di godere della notte, della sua frenesia e delle sue seduzioni e trasgressioni.
E' prevedibile che il giovane che segue il proprio istinto non presti attenzione ad un garbato divieto che sembra riferito al “giorno”, ovvero alle ore diurne.
Da qui la successiva, come si intende dal segno “+” , estensione della norma anche alle ore della notte.
Si intuisce la tensione del proprietario dell'immobile verso una comunicazione valida ed incisiva, ancorchè benevola, che sarà stata così articolata:
1) una prima scritta che invita a lasciare libero l'accesso, con ringraziamento conclusivo ed anticipato;
2) una successiva comunicazione che estende il divieto all'intero giorno;
3) una terza, conclusiva e risolutiva comunicazione (sinteticamente concepita come “+notte”) che, preso atto delle “turbolenze notturne” di questa città del divertimento e del piacere, si occupa di estendere anche alle ore della notte l'opportuna comunicazione volta a garantire il diritto alla libera fruizione della proprietà di una civile abitazione in una metropoli d'oggi.

(MC) - Secondo me, il propietario (antico) di questa dimora, sconvolto dai problemi scaturenti dall'impossibilità di fare uscire il suo carretto a traino animale dalla stalla, sarà emigrato altrove, magari attraversando "l'ucìanu" [l'oceano] con un bastimento a favore.
E si puuò anche pensare che, sperando in tempi migliori, egli - prima di lasciare - abbia rozzamente vergato questa scritta per giustapposizioni successive, in modo tale da sottolineare la necessità di lasciare permanentemente libero l'accesso ai piani bassi della sua dimora.
Nel frattempo, si è dimenticato di fare ritorno, perchè adesso abita in un luogo dove ha ampi spazi a disposizione e nessuno occlude l'entrata alla sua dimora che, nel frattempo, si è fatta principesca e regale.
Il portoncino umile e dimesso, rivestito da una lussureggiante crescita erborea (tra qualche anno anche arbustiva e arborea), rimane lì in paziente attesa del suo ritorno... Fedele al mandato che ha ricevuto in tempo immemorabile...
Ma c'è anche da dire che nessuno parcheggia lì davanti...
Come mai?
La casetta resiste ai colpi del tempo e malgrado tutto conserva una sua aura, forse una barriera invisibile che garantisce il rispetto di una "no parking zone" nelle immediate vicinanze.
Zot! zot! C'è qualcuno che ha testimoniato come gli infrattori siano stati bersagliati da fulmini a ciel sereno e da fenomeni di auto-combustione spontanea che hanno incenerito vetture, guidatori e passeggeri, il che lascia supporre che siano state attivate delle protezioni paranormali...
E se - come ultima ipotesi - lo sconosciuto abitatore, in tempi andati, fosse morto di inedia propia a causa degli automezzi che gli impedivano di uscire di casa per approviggionarsi dei necessari generi di conforto? Allora sarermmo di fronte ad un caso da annoverare negli X-files del paranormale: si tratterebbe di un fenomeno di demoniache presenze e di poltergeist con tutte le regole che conferma l'assunto del "Non aprite quella porta!", in questo caso nella variante "Non posteggiate davanti a quella porta!".
E qui sfidiamo gli scettici a farlo...

domenica 28 febbraio 2010

Pene e peni d'amore statuari: dal romanticismo alla prosaica esistenza di Mr Trentatrecentimetri

Busto marmoreo senza testa, trasformato spiritosamente in testa di "pene" (Palermo, Villa Giulia)
Foto di Maurizio Crispi

(VC) - La frase simpaticamente scritta sul busto decapitato suscita certamente ilarità per il doppio senso che sottende ma - secondo letture più amene e buoniste - potrebbe anche volere comunicare le “grandi pene” che prova il busto per avere perso la testa.
Potrebbe trattarsi anche in questo caso di una delle tante storie d'amore vissute dalle cose che definiamo inanimate.
Il soggetto marmoreo potrebbe, anche lui, avere perso la testa per amore.
Caspita, se così fosse dovremmo ammettere che si comincia ad avere una bella casistica di oggetti perduti per affari di cuore.
Potrei citare un cagnolito decapitato da lunotto posteriore di automobile, oppure alcune teste di Barbie, e così via.
Tutti noi abbiamo affermato, almeno una volta nella nostra vita, di avere perso la testa per amore, ma, in realtà, la testa era saldamente al proprio posto e dopo qualche tempo pensava già ad altro, magari ad altro amore, ma questi poveri oggetti la testa la perdono sul serio.
Gli oggetti inanimati si innamorano, forse, come tutti noi però, a differenza nostra, non conoscono la metafora.
Se loro perdono la testa la perdono sul serio, gli si stacca, rotola per terra e potrebbe anche andare in frantumi.
Amen!
Noi ci possiamo permettere di dire frasi del tipo: “...mi si apre il cuore...” pur rimanendo perfettamente in vita.
Ebbene se una statua dice che le si sta spaccando il cuore è probabile che le sia già comparsa una fessurazione nel petto.
Questa fessura, incrinandone la struttura compatta potrebbe addirittura dissociare l'unità strutturale del soggetto affetto da amore marmoreo. Si potrebbe giungere ad un completo distacco dell'intera spalla sinistra con fessurazione che partendo dall'interno del cuore di pietra si è estesa a tutta la superficie ed a tutta la massa.
Capita di vedere al mattino statue di innamorati lapidei private del braccio, della spalla e di un pezzo di petto che distaccatesi dalla struttura giacciono per terra ai piedi del basamento di granito.
Il fenomeno è stupefacente e potrei tentarne una spiegazione.
Essendo una statua cosituita da fredda pietra un sopraggiunto stato emotivo, come un nuovo amore, creerebbe nella statua un surriscaldamento (il noto effetto caldaia del cuore innamorato).
Come ben si sa dalle leggi della fisica il calore tende a dilatare i solidi ma essendo la pietra, per definizione, rigida ed anelastica si può ben comprendere come lo stato di surriscaldamento e di dilatazione conseguente crei le premesse per una lesione che, ove perdurasse l'effetto dell'amore che genera calore e del calore che genera, a sua volta, dilatazione, non tarderebbe a trasformarsi in una vera e propria linea di frattura.
E noi?
Noi continuiamo a prendere in prestito frasi che non sono fatte per noi.
Con l'uso disinvolto del linguaggio figurato fingiamo di andare incontro, per amore, ad effetti devastanti che in realtà appartengono soltanto alle statue.
Esibiamo davanti all'amato/a una sorta di fragilità tipica della struttura anelastica, della pietra, del vetro, che potrebbero non reggere ad un urto ed andare in mille pezzi.
Ci facciamo pietra e vetro e chiediamo all'altro/a di essere invece iperumani, di rendersi totalmente iperelastici adattandosi a noi, assumendo la nostra stessa forma per comprendere il tormento del nostro cuore di pietra
Proponiamo, di fatto, un mostruoso rapporto uomo statua.

(MC) - Il commento di Enzo è semplicemente fantasmagorico, ed evocativo, perchè in un colpo solo mette tanta carne al fuoco... O forse dovrei dire, pietra? 
Ma non sottilizziamo. Vorrei esplicitare due riferimenti occulti: innanzitutto, entriamo in pieno nelle argomentazioni filosofiche sul sentire (Trattato sulle sensazioni) di Condillac, che, partendo da una statua di marmo, immota e priva di vita, ipotizzava cosa fosse accaduto se questa statua fosse stata progressivamente dotata dei sensi - a partire dal tatto - che noi uomini abbiamo a disposizione per relazionarci al mondo.
Ipotizzava Condillac che, una volta che la statua avesse acquisito gli strumenti del sentire, avrebbe anche conquistato una serie di qualità proprie dell'uomo, tra le quali - per estrapolazione - anche il pensiero e, si direbbe oggi, le funzioni relazionali-cognitive.
Ma, a proposito delle metafore linguistiche che assumono una loro concretezza, mi vengono anche in mente delle storie del Corriere dei piccoli di quando ero piccolino: e, in particolare, le storie del negretto Bilbolbul al quale ne succedevano di tutti i colori, a causa delle sue marachelle: ogni storia si concludeva con la traduzioone in concreto di una metafora linguistica (tipo: per la gioia, "toccare il cielo con un dito"... e il dito di Bilbolbul si allungava smisuratamente sino a toccare il cielo, poi - ovviamente - per rimediare al danno compiuto occorreva prendere provvedimenti drastici, in questo caso di tipo chirurgico.
In questo caso, il taglio del dito eccedente.

(AC )-  [Alice è stata colpita dalle potenzialità della storia d'amore adombrata da Enzo e ribatte, quindi, citando una bella poesia che riportiamo per esteso]

Una grossa pietra
con le uniche amicizie
le intemperie
si lamentava della solitudine


Un giorno un seme
sulla schiena del vento
si posò a poca distanza


Complice anche la pioggia
in un marzo che scalciò
anzitempo l’inverno
nacque un fiore
bellissimo
e la pietra se ne innamorò


Il dolore fu tanto
quando capì
che non si potevano
mai abbracciare


Il fiore le disse
che comunque sarebbe stato
un amore breve
breve come la sua vita
ed entrambi
si abbandonarono
al dolore truce
e non parlarono
mai d’amore


Verso sera del giorno dopo
passò un uomo col martello
e fece a pezzi la pietra
che serviva per un selciato
e nella foga del lavoro
stese il fiore
con una grossa scarpa


Ebbero il tempo io pensai
per la felicità d'un momento
ma lo sprecarono
in calcoli e presagi
senza liberare
mai unisone emozioni
...e dirsi..ti amo
Da: Una Farfalla All’ombra Della Luna 



(MC) - Divertente questa commistione tra testa-pene e testa persa a causa delle pene d'amore... L'amore, in effetti, dà sempre infinite pene, ma le pene d'amore non danno pane... Senza temer edi discendere dall'empireo dell'amore romantico a cose ben più prosaiche, oserei ricordare qui la famosa canzone del mitico Elio e le Storie Tese, dedicata a John Holmes, l'altrettanto mitico "re del porno", conosciuto anche come Mister Trentatré centimetri. Non esplicito il perchè di un simile nomignolo: credo che possiate arguirlo da soli...

JOHN HOLMES. Una vita per il cinema
(Elio e le Storie Tese)
Quand'ero piccolo
Tutti mi scherzavano
Per le dimensioni del mio pene
Ed io non stavo bene
Soffrivo le pene
Per colpa del pene
Ma più il problema non si pone
Sì, perchè  il pene mi dà il pane
Son diventato un grande attore
E benchè schiavo dell'amore
Mi son comprato la moto
E ora son schiavo della moto
Non faccio piu' moto
Infatti vado solo in moto
Ma ora son diventato un mito
Ho rilanciato il film muto
Perchè sono muto
E se vedrete il filmato sicuramente converrete con noi che questa e' verita'


John Holmes
Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto


John Holmes Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto


Trenta centimetri
Di dimensione artistica
Su di ciò la critica é concorde
Nel ritenermi sudicio
Perche' non hanno capito
Non parlo perché son rapito
E poi in faccia non son mai inquadrato
Ma dal pubblico son venerato
Ma ora sono diventato un mito
Ho rilanciato il film muto
Perche' sono muto
E se fossi stato cieco
Avrei lanciato il film cieco
E se fossi stato ato(m)
Avrei lanciato il film-ato(m)
Dicon che faccio film penosi
Perche' lavoro col pene
E insomma il pene mi da' il pane
Il pene mi dà sì la moto
Ma la moto non da' pene
Perchè funziona bene
Si', si' la moto non da' pene
Perché funziona bene


John Holmes
Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto

John Holmes
Una vita per il cinema
John Holmes
Una vita per la moto
Jhn Holmes!
John Holmes è il nome d'arte di John Curtis Estes, nato ad Ashville (Ohio, U.S.A.) il giorno 8 agosto 1944. Noto anche come Johnny Wadd, diventò molto famoso negli anni '70 e '80, grazie anche alle notevoli dimensioni del suo pene.
Come attore pornografico John Holmes ha recitato in oltre 2.000 film ed è ancora oggi considerato la più importante star maschile del cinema hard.
John Holmes è morto il 13 marzo 1988 a causa di complicazioni legate all'AIDS. L'anno prima aveva sposato Misty Dawn; questa, che avrebbe preso il nome di Laura Holmes, nel 1998 pubblicherà la biografia del marito, in verità un' autobiografia di John Holmes, dettata alla moglie in punto di morte, che è stata pubblicata in Italia da DeriveApprodi  con il titolo"Re del porno. L'autobiografia del più grande attore hard".

Dalla presentazione del volume:
Poco prima di morire di Aids nel 1988, John Holmes ha voluto scrivere questa autobiografia. È un racconto ironico, e insieme struggente, di una vita convulsa e maledetta. Una carriera iniziata casualmente nel 1965 e proseguita con l'esplosione dell'industria del sesso e la diffusione di massa dei suoi prodotti dopo il '68. Holmes racconta aneddoti della sua infanzia puritana, i retroscena di alcuni film cult del porno, i rapporti con gli ambienti della prostituzione, dello spaccio di droga e del traffico d'armi. Con schiettezza racconta anche il dramma della sua lunga tossicodipendenza e del coinvolgimento in un orrendo omicidio plurimo. Da questo libro, emerge la figura di un personaggio acuto e intelligente, autoironico e coraggioso.

Quanto alla sua morte per AIDS, il lettore deciso ad arrivare sino in fondo avrebbe delle sorprese. Infatti, John Holmes sostiene di essere stato vittima di un complotto ordito ai suoi danni dall'intelligence americana (la CIA di allora), dai cui servizi venne convocato per essere sottoposto a degli interrogatori che non concernevano le sue attività di attore porno, bensì unpresunto traffico illecito su larga scala nel quale era rimasto invischiato. Holmes sostiene che in quell'occasione gli venne iniettato qualcosa, ma non sa essere più preciso.
E' l'unico attore porno del quale si dica a chiare lettere che sia morto per AIDS. Persino nel caso della nostra indimenticabile Moana una tale verità non è mai stata dichiarata (si è parlato piuttosto, nel suo caso, di carcinoma epatico, del resto compatibile con un'infezione inapprente da virus dell'epatite C).
A proposito di John Holmes, c'è un aneddoto proprio gustoso tratto da un film di Riccardo Schicchi, che vi voglio raccontare.
Nel film, Cicciolina (Ilona Staller) e John Holmes si incontrano perchè sono stati entrambi processati e condannati per atti osceni in luogo pubblico.
La "pena" che è stata loro comminata (e quindi torniamo a bomba al tema iniziale del contrasto-consonanza di pena-pene) consiste nello svolgere un lavoro sociale a favore di coppie "in difficoltà" che dovranno contattare domiciliarmente.
Al loro primo incontro, John Holmes si presenta a casa di Cicciolina e viene introdotto alla sua presenza.
"Ciao. Sono John Holmes" - dice, affabilmente, porgendo galantemente la mano a Cicciolina.
Cicciolina risponde immusonita: "Non ci credo!"
"Ma sì! Sono proprio io!", ribatte John Holmes, alquanto risentito.
"Va bene... - fa Cicciolina - Allora, se sei proprio quello che dici di essere, dimostramelo!"
Immaginiamo la scena: Cicciolina è languidamente seduta su di un divano e John Holmes in piedi davanti a lei. All'ingiunzione della sua partner,  John Holmes si slaccia la patta dei pantaloni e tira fuori il suo enorme pisello.
Immediato gridolino di stupore da parte di Cicciolina, mentre un'espressione di stupore le si dipinge in volto.
"Sì, sì, hai proprio ragione! Sei davvero John Holmes!"
Vi  risparmio il seguito...
...e spero di non essere stato lungo...
Ma... e se appicassimo la concretezza delle metafore delle storie di Bilbolbul a John Holmes?
Preferisco non pensarci...

(VC) - Caro Maurizio, raccolgo una tua perplessità relativa alla lunghezza delle nostre argomentazioni nella misura in cui temi possa risultare eccessiva. Voglio quindi rassicurarti. Ho provveduto a misurare con doppio decimetro lo sviluppo complessivo del testo ed ho potuto rilevare una lunghezza di trentatrè centimetri esatti. Come vedi la lunghezza risulta assolutamente “canonica”. Tranquillo, Maurizio, non temere, trentatrè centimetri è una lunghezza che in genere risulta molto... molto apprezzata.....!!!!!"

domenica 21 febbraio 2010

Distrazioni plastiche e la ricerca dell'unione perfetta...

Distrazione plastica
Foto di Enzo Cordovana


Lo so, in amore basta una distrazione
e sforni figli così, a ripetizione
ed ecco che mi ritrovo, povera manichina
per campar, con la prole, nuda nella vetrina.
Lo vidi un giorno, plastico e benvestito
e in cuor desiderai quel pupazzo per marito.
La vita però, si sa, cela delle illusioni
e noi, povere sciocche, crediam nelle passioni.
Fu così che nottetempo lasciai la mia boutique
per andare ad incontrare quel fantoccio molto shic.
La notte fu per noi lunga e fantastica,
vibravo nel sentire la pelle sua di plastica.
Gli dissi, dopo: "...caro, ci sposeremo un giorno...?"
Rispose: "...forse, non so, ma ora levati di torno..."

...e dopo nove mesi nacquer due pupazzi
Foto di Enzo Cordovana

  
Tornai così, delusa, nella mia vetrina
dopo nove mesi, ricordo ancora, una mattina
vidi nel reparto fanciulli del grande magazzino,
figli miei, due pupazzi, una bimba ed un bambino.
Andai dal bellimbusto, lo informai cortesemente,
mi rispose: "...di te, dei tuoi fanciulli, non mi importa proprio niente..."
Tornai così, con il cuore sconsolato,
in vetrina, da sola, con il frutto dl peccato.
Lei si chiamò Vinilia lui fu chiamato Tano,
diminutivo per fanciullo di Vinilpoliuretano.
Lo so che la ragione vorrebbe più accortezza
ma ancora una volta volli provar di lui l'ebbrezza.
Ed ecco che mi ritrovo con la panciona grossa e protesa
nel reparto fanciulli, mamme e dolce attesa.
Solo una cosa rimprovero a quel pupazzo plastico, ben vestito e molto attivo:
poteva almeno, lui plastico, anch'esso elastico, usare un bel preservativo


(MC) - Una bella storia d'amore, davvero!
Il mondo è gravido di storie d'amore.
Amori impossibili, amori delusi, amori bionici. Tutti perseguono il loro impossibile sogno di giungere ad un'unione perfetta che sia per sempre, in cui domini la consapevolezza dell'essere finalmente uniti in un'unità inscindibile e duratura.
Benchè le due metà si inseguano per celebrare tra loro un'unione mistica, poi sopravviene sempre la spada di un un dio invidioso a separare ciò che si è unito.
Oppure è la claustrofobia ad averla vinta sulla claustrofilia...
Le tracce di queste fuggevoli unioni che, mentre sono state vissute erano per sempre (anche se si trattava di un sempre di pochi minuti), rimangono perenni, nel bene o nel male.
L'unione sperimentata porta ad un arricchimento o ad una sottrazione di qualcosa; la separazione attiva delle potenzialità prima sopite e ravviva nuovi interessi, ma fa crescere anche il germe della nostalgia - il dolore insopportabile davanti alla mancanza di ciò che ci è familiare e il desiderio di potervi fare ritorno come una nave cerca in tutti i modi di rietrare nel suo porto sicuro ed accogliente.
E la nostalgia, con queste sue due componenti, attiva a sua volta una nuova - instancabile - cerca (come quella del Santo Graal).
E così tutti, panchine, bici, manichini, lattine di bibite gasate buttate via vuote, involti MacDonald Happy meal e bicchieri di cartone usa e getta, sono perennemente alla ricerca d'una nuova unione, perchè non possono dimenticare quei momenti perfetti in cui due si erano fatti uno, anche se - a volte capitano - come conseguenza di quell'unione felice e spensierata - il Tre e il Quattro che servono a consegnare alla futura memoria il ricordo di quegli istanti felici - ahimè, troppo brevi!
E così si consumano le esistenze degli esseri del mondo animato e di quello inanimato, aure comprese, in un gioco di continuo avvicinamento e distanziamento, allontanamento e ritorno, tendenze centrifughe in alternanze a forti attrazioni centripete, senza fine...
Il Simposio di Platone ci dice qualcosa d'intersante al riguardo...

domenica 14 febbraio 2010

Palloncini colorati e merchandising in stile "dolcemente mostruoso", ovvero dalle stelle alle stalle

Palloncini colorati
(foto di Maurizio Crispi)

È finito il tempo della festa... Ai palloncini colorati un po' tristanzuoli non resta che far festa al cassonetto stracolmo... É il loro canto del cigno...

(AF) - Mi viene in mente La favola dei palloncini colorati. che ho sentito narrare tanto tempo fa...

C'era una volta, tanto tempo fa, molto lontano da qui, un paese in bianco e nero.
Con tante ombre al posto dei colori.
Un giorno arrivò un signore che portava, legati ad un polso, una miriade di palloncini di ogni colore.
Appena lo vide, si avvicinò un bambino e gli chiese perchè quelle strane sfere non fossero bianche e nere. Allora il signore gli rispose che veniva da un paese dove ogni cosa aveva un colore.
Proprio come quei palloncini.
Il bimbo gli domandò un palloncino e il signore decise di regalarglieli tutti.
Si chinò su di lui e glieli tese.
Il bambino li afferrò, ma d'improvviso cominciò a sollevarsi da terra con tutti i palloncini.
Il signore lo afferrò e il bimbo, spaventato, decise di lasciarli andare.
E appena toccò terra alzò gli occhi verso il cielo.
Vide quell'enorme quantità di palloncini, con tutti quegli strani colori che non aveva mai visto, librarsi in quell'infinita macchia bianco-nera che rappresentava l'unico mondo che lui conosceva.
Il suo cuore si fermò.
Era uno spettacolo meraviglioso: quei palloncini continuavano a volare in alto come luci sospese. 
lluminavano il cielo come lampioni accesi, nel contrasto delle ombre che incombevano su quel paese.
Ma d'un tratto, ecco che i pallocini azzurri cominciarono a scoppiare, colorando il cielo di un azzurro intenso.
L'aria che ne uscì si tramutò in vento.
Il vento cominciò a trasportare i palloncini dovunque.
Quelli verdi si posarono sui prati e li colorarono.
Quelli gialli fecero scoppiare il sole da cui spuntarono infiniti raggi giallo-tenue che riscaldarono tutto il paese.
Quelli variopinti colorarono i fiori e così, via via, tutto il paese, pian piano, acquisto colore...
Il bambino, smarrito e incredulo, si voltò verso il signore per domandargli spiegazioni di tutto quello che era successo.
Ma il signore dei palloncini colorati non c'era più.
Era rimasto un unico palloncino rosso che andò a posarsi sul cuore del bambino.
Il palloncino si sgonfiò e il suo cuore riprese a battere, rosso d'amore.
Era nato un nuovo mondo dei colori.

(JLM) - Il tema del "vetro colorato" è abbastanza vicino al tema del "palloncino colorato". C'è nel libro di Baudelaire lo "Spleen de Paris" (o "Petits poëmes en prose") un testo (XXXVI) chiamato "Le mauvais vitrier", dove il poeta fa salire tutti i suoi gradini ad un vetraio per gridargli : "Come! Non avete vetri di colore ? vetri rosi, rossi, blu, vetri magichi, vetri di paradiso! Voi osate paseggiare in quarrtieri poveri, e non avete neppure vetri per far vdere la vita in bello! E lo buttai vivamente verso la scala. (...)"

(MC) - La favola dei palloncini colorati è davvero terapeutica : riporta nel mondo mille variazioni policrome e lo rende vibrante di colori e di emozioni...

(VC) - Bellissima favola che testimonia la policroma fantasia di Alice, una fantasia che crea le forme base di un nuovo mondo, il colore che tutto organizza: il rosso del cuore.
Purtroppo la mia memoria è piena di fantasie distorte e fortemente inquinate da altri riferimenti.
Vi racconterò, se vorrete ascoltare.
Tanti anni fa, sotto casa mia c'era un interessantissimo esercizio commerciale avente l'evocativa ragione sociale “Dolcemente Mostruoso”.
Questo frequentatissimo sito era specializzato nella vendita di articoli di gusto alquanto dubbio, anzi, francamente discutibile e comunque da utilizzarsi in caso di scherzi o di ricorrenze varie.
Eccovi un breve esempio di alcuni degli articoli che ogni giorno ammiravo esposti in vetrina: feci finte ovvero escrementini in plastica assolutamente pari al vero, con tipica forma di mega escremento a spirale che termina con punta rastremata in alto dopo avere descritto un paio di spire, emettenti, ove compressi, un simpatico suono a trombetta, da piazzarsi preferibilmente sopra il cuscino della vittima o sopra una sedia; mini-organi genitali maschili igroscopici, ovvero di quelli che messi in acqua subiscono un vistoso rigonfiamento tale da riempire l'intera bottiglia e quindi da usare insererndoli, per burla, dentro una bottiglia d'acqua nella credenza di un amico ignaro; mani mozzate e sanguinanti da film horror disponibili anche nella variante mano mozza con dita chiuse ad eccezione del medio, da poggiare sul tavolo in cucina o nel bagno; finti pacchetti di fiammiferi del tipo chiuso a libro con raffigurato un neonato che dice la simpatica frase “quando avevo un anno” e che aprendosi, esibivano un fallico fiammifero proteso verso la vittima dello scherzo ecc. ecc.
Ebbene, vi racconto ciò perchè, se non erro, ricordo di avere visto tra i vari articoli anche il finto cassonetto repellente in plastica lavabile da usarsi in occasione di feste kitsch.
Articolo che poi ebbi l'opportunità di ammirare in occasione di feste in casa di amici.
Immaginate l'esilarante e sconcertante effetto di essere invitati ad una festicciola di compleanno tra ragazzi e di trovare in salotto, insieme ai palloncini di circostanza, anche un sontuoso cassonetto per l'immondizia stipato dei suoi bei sacchettoni condominiali.
Accanto a questo monumentale addobbo andava posto il tavolo con i salatini e la torta.
Quanti sorrisi, quanto finto ribrezzo da parte degli invitati, quante battute scontate e mal riuscite in quella che era una vera e propria palestra per l'osceno, in cui si assaporava il gusto della torta e della provocazione.
Ricordo ancora quando mi appartai dietro un tale cassonetto per sbaciucchiarmi con una ragazzina appena conosciuta e della quale non ricordo né il volto né il nome.
Forse il finto sporco del cassonetto, omeopaticamente, in virtù della nota legge per cui il simile si cura con il simile, aveva su di noi la proprietà di contrastare il finto divieto delle nostre inibizioni, la finta colpa della nostra giovanile passione.
Chissà, comunque sia rimarrò grato a quel “finto cassonetto dell'amore
L'osceno e la provocazione, che “Dolcemente Mostruoso” ben rappresentava e commerciava, si giustificavano in quanto intrusione dell'assurdo, del “nonsense” nelle nostre vite che in realtà trascorrevano nell'osservanza di altre chiusure, di altri moralismi.
Anche in politica si viveva tra altri riferimenti, altri dogmatismi, altre dicotomie. Era il periodo in cui o si era democristiani o si era comunisti ed atei.
Il cattocomunismo e la democrazia atea non erano ancora stati inventati.
Ora, purtroppo, con le case piene di immondizia vera e non raccolta, un cassonetto finto in casa non fa più ridere nessuno, non è più feticcio di una trasgressione anzi si trova comodo avere in casa un cassonetto vero. Ora, come potete vedere, vecchi addobbi per feste di ex ragazzi che assaporavano il gusto della provocazione rimangono ad intasare le strade.
In questa diffusa inciviltà vecchi palloncini e vecchi cassonetti finti in plastica lavabile per festicciole di compleanno vengono abbandonati ad ogni angolo di strada. Non si trova un vero cassonetto libero dove conferire i vecchi palloncini ed i vecchi cassonetti finti, sono tutti traboccanti di rifiuti di ogni genere e come se non bastasse, il marciapiede è pieno di escrementi a torciglione con punta rastremata.
Alcuni escrementi in plastica, abbandonati sul marciapiede, sono indistinguibili dagli escrementi veri.
Soltanto quando sono pestati accidentalmente emettono un simpatico suono a trombetta.
Soltanto gli escrementi finti, se pestati accidentalmente, emettono un simpatico suono a trombetta.
Gli escrementi veri, se pestati accidentalmente, non emettono alcun suono.

(MC) - E 'proprio vero: l'ultima affermazione di Enzo mi trova pienamente consenziente... Al massimo, nel calpestare un mucchieto di feci "vere" si potrà sentire un lieve suono di risucchio, tipo "Squish, squish" (e ciò dipenderà dalla sua consistenza) ... I palloncini colorati ci avevano fatto volare alto, mentre il commento di Enzo - per slittamenti successivi - ci ha riportato ad un universo dominato dallo scatologia, ma in fondo è giusto così visto che "quell'impronuciabile bisogno" è il più universale di tutti e visto che, malgrado il tentativo di essere vagabondi delle stelle, la dura realtà ci impone di accettare l'assioma che nella vita quotidiana dobbiamo fare sforzi immani per non affogare in un mare di m****.